Lo spunto della nostra riflessione nasce da un articolo speciale di A. Alushaj e G. Tamburlini: “Tempo materno, tempo di nido e sviluppo del bambino: le evidenze” (Medico e Bambino 6 2018), potremmo racchiudere il messaggio in i servizi educativi di qualità sono alla base dello sviluppo del bambino e contrasto alla povertà educativa e alle diseguaglianze.
Prima di analizzare cosa ci suggeriscono studi nazionali e internazionali sull’argomento dobbiamo fare una piccola premessa per capire a fondo il problema, dobbiamo focalizzare bene la povertà educativa: impossibilità di “apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”(*1).
Ogni parola di questa frase è come il pilastro di un edificio, se forti e ben saldi si può costruire di tutto, se traballanti non reggeranno neanche il loro peso. Questa deprivazione è molto grave perché ha conseguenze sia immediate che a lungo termine sulle competenze cognitive, affettive e sociali di bambine e bambini (*2-4).
Quali sono i principali fattori in causa che aiutano ad abbattere la povertà educativa e permettere un sano sviluppo?
– Fattori economici (oggi sempre meno significativi)
– Famiglia (fondamentale)
– Comunità di appartenenza (il gruppo sociale)
Fattori economici
Il PISA 2018 (*5) (Programme for International Student Assessment) un’indagine internazionale promossa dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che coinvolge più di 80 Paesi colloca l’Italia al di sotto della media soprattutto per scienze e lettura, nella media per matematica. Se poi stratifichiamo i dati nella nazione assistiamo al solito gradiente con il sud fanalino di coda e il nord est sopra la media.
Lo stato socio-economico basso correla con i risultati più bassi; fino ad avere un vero e proprio correlato organico: risultati più bassi equivale a minore spessore della corteccia cerebrale (*6). Tuttavia, ai bambini ai quali vengono offerte, fin da piccoli, adeguate cure parentali e opportunità educative possono avere uno sviluppo del tutto simile, quando non superiore, ai loro coetanei appartenenti a famiglie di livello socioeconomico più elevato (*6).
Quindi il dato economico inficia solo di poco lo sviluppo futuro del bambino laddove siano presenti cure parentali e opportunità educative.
Tempo materno
La relazione tra la quantità e la qualità del tempo passato dalla madre con il bambino e un’ampia serie di esiti cognitivi, non-cognitivi e comportamentali è stata oggetto di numerosi studi.
Hsin e Felfe (*7) indicano che il tempo educational (studio in senso stretto) e quello structured (alto livello di coinvolgimento e scambi verbali) hanno effetti benefici su tutte le dimensioni dello sviluppo cognitivo mentre il tempo unstructured (attività che non richiedono un coinvolgimento attivo o scambi verbali, es. guardare la tv) ha effetti negativi sugli outcome cognitivi. Inoltre Yaman (*8) evidenzia una forte associazione tra il livello di istruzione della madre e le performance scolastiche dei bambini: i figli di madri altamente istruite hanno risultati migliori di quelli di madri meno istruite negli outcome cognitivi.
Riassumendo:
1) non è tanto la quantità di tempo (generico) con la madre o altri caregiver che influisce sullo sviluppo del bambino, quanto il tempo dedicato alle attività di qualità, ovvero a quelle che presuppongono una maggiore interazione tra adulto e bambino;
2) le madri più istruite sono più capaci di fornire al bambino input di qualità favorevoli al suo sviluppo;
3) la maggiore disponibilità di tempo delle madri che non lavorano o lavorano part-time non si traduce necessariamente in maggiore disponibilità di tempo di qualità passato con il bambino.
Frequenza al nido (comunità)
Iniziamo questo punto con una curiosità, il nido. Sfogliando il Devoto-Oli leggiamo: “Ricovero di forme e dimensioni varie che gli uccelli si costruiscono per deporre e covare le uova e allevare la prole”, per poi passare ad un senso figurato: “Simbolo del proprio luogo di origine o di dimora, per lo più con l’idea di una serena e dolce intimità d’affetti”. Nel nido avviene tutto e tutto quello che avviene segna il nostro sviluppo (development per i cugini inglesi).
In uno studio (*9) condotto negli anni ’90 dal National Institute of Child Health and Human Development negli USA ritroviamo:
1) i bambini con esperienza di childcare di qualità nei primi 3 anni di vita hanno uno sviluppo cognitivo e linguistico migliore durante i primi 3 anni di vita e si dimostrano più cooperativi e un po’ meno aggressivi e disobbedienti di quelli con un’esperienza di childcare di qualità più bassa
2) le caratteristiche della famiglia risultano comunque maggiormente predittive degli outcome di sviluppo del bambino di quanto siano le caratteristiche della frequenza al nido.
Laurin e coll.(*10) dimostrano che la frequenza al nido, purché sufficientemente precoce e a tempo pieno, può ridurre le diseguaglianze sociali nella performance scolastica almeno fino all’adolescenza, e la frequenza precoce può addirittura eliminare queste differenze.
Conclusioni:
Per quanto attiene il rapporto tra tempo materno-tempo di nido e sviluppo, gli studi dicono che ciò che conta è la qualità sia dell’uno che dell’altro, e che la situazione migliore è nido di qualità associato a tempo familiare di qualità. Qualche zona di incertezza si ha ancora circa la precocità dell’inserimento al nido: se siamo certi che dopo l’anno un nido buono non può fare altro che bene, vi è ancora qualche incertezza su questo nei mesi precedenti il nono-decimo mese. In tutti i casi, gli effetti benefici di un nido di qualità sono maggiori nei bambini altrimenti destinati a una povertà di apporti e di opportunità offerte dall’ambiente familiare, il che si verifica soprattutto, ma non esclusivamente, in famiglie di basso livello sociale e culturale.
La cosa importante è che vi sia per tutte le famiglie la possibilità di scegliere, quindi che sia garantita l’accessibilità ai Servizi, e che questi siano di qualità.
“Se cambiamo l’inizio della storia, cambiamo tutta la storia”.
CURIOSITA’
Nido e malattie acute e croniche
La maggior frequenza di episodi di infezioni, soprattutto respiratorie e quasi sempre non gravi, nei bambini che frequentano il nido, ha rappresentato e rappresenta uno dei freni all’ingresso dei bambini al nido, o per lo meno a un loro ingresso precoce.
1) In realtà, le evidenze, nel confermare una frequenza più alta di infezioni nei bambini che frequentano il nido, ci dicono anche che questa frequenza poi diminuisce fino a essere più bassa negli anni successivi rispetto ai bambini rimasti a casa (*11). Questo dato trova una facile spiegazione biologica nell’acquisizione progressiva di immunità.
2) evidenze di un rischio significativamente più basso per una serie di patologie croniche, anche molto importanti (leucemie, diabete, asma) in bambini con una frequenza del nido più precoce e quantitativamente maggiore, per il quale viene chiamato in causa un effetto di “bilanciamento immunitario” (teoria igienica) conferito dall’esposizione precoce a malattie banali (*12).
Bibliografia:
1. Save the Children Italia onlus. La lampada di Aladino, 2014.
2. Shonkoff JP, Philips AD. From neurons to neighbourhoods, National Academy Press, Washington DC, 2000:309.
3. I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 7° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2013-2014.
4. World Health Organization, United Nations Children’s Fund, World Bank Group. Nurturing care for early childhood development: a framework for helping children survive and thrive to transform health and human potential. Geneva: World Health Organization; 2018.
5. Indagine OCSE PISA 2015: i risultati degli studenti italiani in scienze, matematica e lettura.
6. Luby J, Belden A, Botteron K et al. The effects of poverty on childhood brain development: the mediating effect of caregiving and stressful life events. JAMA Pediatrics 2013; 167(12):1135-42.
7. Hsin A, Felfe C. When does time matter? Maternal employment, children’s time with parents and child development. Demography 2014;51:1867-94
8. El Yaman, A. Maternal employment, quality time and children outcomes, Wayne State University Dissertations, 2017.
9. The National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) Study of early child care and youth development. U.S. Department of Health and human services, 2006.
10. Laurin JC, Geoffroy MC, Boivin M, et al. Child care services, socioeconomic inequalities and academic performance. Pediatrics 2015;136(6).
11. Brunelli A, Manetti S, Panza C. Asilo nido e malattie ricorrenti. Quaderni acp 2013;20(2): 90.
12. Tamburlini G. Frequenza al nido e rischio di malattia cronica e di problemi comportamentali. Medico e Bambino 2013;7:456-8. 63. Bowlby J. Attachment and loss, vol 1: Attachment. New York: Basic Books, 1969.
Bruno Salvatore
pediatra di famiglia_ Eboli (Sa)