Addio alla vecchia fattoria in Italia dove sono scomparsi 1,7 milioni tra mucche, maiali, pecore e capre negli ultimi dieci anni. E’ la Coldiretti a lanciare l’allarme in occasione dell’inaugurazione del Villaggio contadino a Roma, al Circo Massimo, dove è stata aperta per tutto il week end una vera e propria Arca di Noè per scoprire le piante, gli animali e i prodotti salvati dall’estinzione grazie al lavoro di generazioni riconosciuto e sostenuto dai “Sigilli” di Campagna Amica.
Stalle, ricoveri e ovili si sono svuotati dal 2008 con la Fattoria Italia che ha perso – sottolinea la Coldiretti – solo tra gli animali più grandi, circa un milione di pecore, agnelli e capre, oltre a 600mila maiali e più di 100mila bovini e bufale. Un addio che – precisa la Coldiretti – ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori. A rischio – denuncia la Coldiretti – anche la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini. Un patrimonio composto da veri e propri tesori della natura e della storia come la capra Girgentana dalle lunghe corna a forma di cavaturacciolo, la cui origine in Italia risale all’epoca della Magna Grecia diversi secoli prima di Cristo e di cui si contano circa 400 capi per la produzione di latte destinato alla Tuma ammucciata (nascosta), così chiamata perché si tratta di un formaggio messo a stagionare in fessure di muro in gesso e/o pietra, che in passato venivano murate per nasconderle ai briganti. Sempre in Sicilia il Piacentino ennese si produce con il latte della pecora Comisana dalla caratteristica testa rossa. Ma c’è anche – spiega la Coldiretti – la mucca Podolica diffusa in tutto il Sud che per la sua resistenza e robustezza è un grande esempio di adattamento a un ambiente duro e difficile e che con il suo latte ha sfamato generazioni di famiglie permettendo di realizzare formaggi a pasta filata e il celebre Caciocavallo Podolico. Portata con le invasioni barbariche c’è la Marchigiana diffusa in centro Italia, mentre in Sicilia si trova la Modicana in grado di adattarsi anche a pascoli poveri bruciati dal sole per poi regalare un latte usato per formaggi tipici come il Ragusano, mentre con il latte della preziosa napoletana Agerolese si crea il “Provolone del Monaco”.
Sulle Alpi – continua la Coldiretti – si trovano poi ancora le preziose mucche Barà di cui sono rimasti solo 4mila esemplari in tutta Italia, famose per la loro capacità di adattarsi alla dura vita in montagna. Ma nel Villaggio contadino della capitale – spiega Coldiretti – si possono ammirare anche il maiale nero casertano “calvo”, detto anche di razza “pelatella” perché senza peli, che ha avuto la sua massima diffusione alla fine dell’800 per poi essere riscoperto in tempi recenti con allevamenti allo stato brado o semibrado. Oppure il maiale di Cinta Senese dalla caratteristica cintura bianca e amico degli artisti dopo essere stato immortalato per la prima volta nel 1340 nel celebre affresco “Effetti del buongoverno in città e nel contado” del pittore senese Ambrogio Lorenzetti, per poi apparire anche in dipinti e affreschi della scuola senese del XII secolo in diverse chiese della campagna di Siena e in altre opere, ad esempio a Venezia nella cappella dell’Annunziata, in un dipinto datato 1510, di esecuzione faentina.
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