E’ con la febbre che Bruno Salvatore, pediatra di famiglia ad Eboli, inaugura la rubrica “Pillole di salute”, rispondendo a quanti ignorano o sono desiderosi di avere un parere medico sull’argomento, scoprendone le cause e gli effetti.
Siamo in autunno inoltrato e la stagione contribuisce alla diffusione di virus e batteri, e quando è un bambino a vestire i panni del paziente entrano in gioco molteplici fattori, ci si aggrappa a tutto anche al web pur di trovare un rimedio. Ed è qui che entra in gioco il medico, come tutore dell’infanzia, dell’età evolutiva e dell’adolescenza.
La febbre, che cosa è?
“La febbre è definita come una temperatura rettale ≥38 °C (37,5 esterna). La temperatura corporea varia in modo che il valore più alto venga raggiunto in prima serata e il valore più basso al mattino. Ogni aumento anomalo della temperatura corporea va considerato come sintomo di una condizione sottostante.” (Nelson)
Ma come accade l’intero processo? Come fa il nostro corpo a riscaldarsi?
Il primo meccanismo è quello di produrre calore e lo facciamo mettendo in funzione i nostri muscoli: aumento del tono muscolare e brividi.
Al contempo per evitare che il calore abbandoni il corpo si genera un minore flusso di sangue alla pelle ed una contemporanea riduzione della sudorazione. In questo modo il calore prodotto resta intrappolato, diventiamo un piccolo forno.
Perché succede tutto questo?
“La febbre è al tempo stesso il campanello che annuncia la malattia e il primo e più elementare meccanismo di difesa.” (Panizon)
Gli agenti esterni portano con loro sostanze, in particolare proteine. Le nostre cellule della protezione esterna sono molto sensibili alle proteine eterologhe, cioè quelle che non fabbrichiamo noi, e subito si attivano per inviare segnali di allarme al nostro cervello. Qui c’è una zona, l’ipotalamo, che funge da termostato e decide il nostro grado di temperatura. Di certo diventare un forno non è piacevole per il nostro corpo, le cellule abituate a temperature di 37 gradi si trovano a disagio, motivo per cui la febbre si accompagna a malessere. Ma allora perché lo facciamo? Perché virus e batteri se la passano anche peggio, perché difficilmente riescono a replicarsi.
“Ecco dunque cos’è la febbre. Ecco perché ci fa star male, ma anche perché ci serve per farci tornare in forma. Non dovremmo combatterla a tutti i costi anzi dovremmo considerarla un buon compagno di battaglia.” (Panizon)
E concludiamo con le parole del prof. Panizon, brillanti e potenti che hanno precorso i tempi, come vedremo alla fine.
“Il fatto è che, oggi, l’infezione non la temiamo più. Sappiamo che la maggior parte delle malattie guariscono da sole, e siamo in grado di difenderci molto bene con antibiotici da quelle poche malattie che potrebbero essere pericolose.
Contro le malattie più importanti, inoltre, siamo stati vaccinati da piccoli. Ed è per tutti questi motivi che, a differenza degli animali selvatici, o dei nostri progenitori che dalle malattie non potevano difendersi, ci possiamo permettere il lusso di trascurare l’aiuto che ci potrebbe dare la febbre, e considerarla soltanto come una fastidiosa seccatura, anziché quello che è: un buon compagno di battaglia.”
Veniamo alle ultime conoscenze acquisite dalla letteratura medica:
Il NICE inglese (National Institute for Health and Care Excellence) già nel 2013 ha emanato linee guida di maggiore attenzione e difesa della febbre come meccanismo importante di guarigione, quasi contemporaneamente anche gli americani hanno fatto lo stesso.
Su queste evidenze nuovi lavori sono stati riportati anche in Italia, in particolare M. de Martino dell’Università di Firenze OP Anna Meyer nel maggio 2016 ha pubblicato un articolo “Appunti di terapia” sulla rivista Medico & Bambino in cui riporta: “La routine crea routine […] E invece ogni anno almeno il 10% delle conoscenze in medicina cambia e, quindi, devono cambiare anche i nostri comportamenti.” […]
E ci lasciamo con piccole pillole per ricordare:
1. Febbre e infiammazione sono meccanismi difensivi.
2. Pazienti con patologie gravi che non sviluppano febbre e/o infiammazione hanno una prognosi peggiore.
3. Antipiretici e antinfiammatori agiscono negativamente sul decorso delle malattie.
4. La febbre non determina mai conseguenze.
5. Le convulsioni non sono scatenate dalla febbre.
6. Gli antipiretici non prevengono le convulsioni.
7. Non vi è un cut-off oltre il quale si deve somministrare l’antipiretico.
8. L’antipiretico non si somministra a orario.
9. L’antipiretico deve essere somministrato solo quando la febbre è causa di malessere.
Potete scrivere al dott. Bruno Salvatore, sarà lieto di rispondere alle vostre domande.
Bruno Salvatore
pediatra di famiglia_ Eboli (Sa)