Per la commissione tributaria è tutto nullo. Risposta del Comune? Si proceda lo stesso. Storie di ordinaria malaburocrazia.
La malaburocrazia può colpirti anche dopo morto. E se non becca te troverà di certo un modo per assillare chi ti è sopravvissuto. Ad esempio: gli eredi del defunto. Il punto, però, è che né al morto e -soprattutto- né agli eredi si possono imporre balzelli, tributi e vessazioni varie se questi sono fuori dai canoni stabiliti dalla legge.
Il caso in questione nasce ad Eboli.
Evitando approfondimenti di tipo tecnico-procedurale con relative concatenazioni temporali che ci porterebbero lontani dalla sostanza della notizia, colpisce la stravagante condotta adottata dal vertice ebolitano dell’ufficio tributi, guidato da qualche anno da un ragioniere.
Spieghiamo. Il comune di Eboli, si sa, ha individuato in una società esterna (la Soget) il soggetto delegato alla riscossione dei tributi evasi. Questa società un bel giorno decide di notificare una presunta evasione di imposta ad una persona deceduta da qualche tempo: la Soget forse non lo sapeva, può capitare (anche se è ridicolo che accadano ancora queste cose in epoca di digitalizzazioni e algoritmi) e dunque la raccomandata “minatoria” arriva puntuale. Ma se il signor Brambilla è deceduto a lui non può essere notificato alcunché: la legge e la giurisprudenza dicono esplicitamente che in queste ipotesi la notifica va fatta agli eventuali eredi, altrimenti non è valida. Non bisogna essere Einstein per arrivarci autonomamente. Non solo: ma la legge, ancora, dice che se la pretesa dell’ente pubblico non viene rivendicata entro cinque anni, la famosa cartella esattoriale è nulla perché il debito (sempre presunto) si è prescritto. E qui non serve neppure Einstein per capirlo.
Indovinate invece cosa succede? Semplice: che il cittadino in questione (recte: i suoi eredi) devono ricorrere ad un avvocato il quale, naturalmente, ricorre alla Commissione tributaria provinciale, la quale non può non prendere atto della nullità della pretesa e annullare il provvedimento, sia perché il diritto dell’ente pubblico era prescritto (erano passati più di cinque anni) sia perché la notifica non era valida per le ragioni di cui sopra. Risposta dei vertici dell’ufficio tributi? Chissenefrega, per noi è tutto in regola, si proceda. E infatti il comune di Eboli -a mezzo Soget- va avanti fino al pignoramento del quinto dello stipendio ai figli del defunto, creando così nuove tensioni, nuovi scontri, nuovi andirivieni tra uffici, studi legali, tecnici, consulenti, insomma la solita via crucis: ma, mentre per il dipendente pubblico cambia nulla o poco, per il cittadino coinvolto la faccenda può trasformarsi in un inferno e indipendentemente dall’importo contestato. Bisognerebbe che la parte politica intervenisse per dare indirizzi e direttive più precise, quantomeno più “normali”: ma, appunto, bisognerebbe.
Di cose del genere capitano ovunque, nel nostro caso è capitato al comune di Eboli dove, a quanto è dato di capire, la cosa continuerà ad andare avanti, senza escludere un epilogo di naturale penale (morale: denunce per abuso d’ufficio e/o inosservanza delle statuizioni di una sentenza) e dove neppure la plateale evidenza di un atto nullo riesce ad indurre i burocrati ad uscire dalle quadrature mentali che, forse, anni di clausura negli uffici pubblici hanno aggravato.
pierre_ dal quotidiano “Le Cronache”