SAPRI- Il Tribunale della Libertà di Potenza ha concesso gli arresti domiciliari a Gabriele Milito, l’uomo accusato di aver ucciso la moglie, Antonietta Ciancio, il 28 aprile scorso con un colpo di pistola alla nuca nella propria camera da letto. L’uomo aveva da subito confessato il delitto sostenendo che fosse partito accidentalmente un colpo.
I giudici del Riesame hanno accolto la tesi difensiva degli avvocati penalisti Felice Lentini e Damiano Brandi secondo cui l’indagato non doveva rimanere in carcere essendo insussistenti le motivazioni con cui la procura aveva chiesto ed ottenuto la misura coercitiva intramuraria (in carcere). L’uomo, si ricorderà, è ultrasettantacinquenne e la legge prevede la galera per chi abbia più di settanta anni soltanto in casi, rigorosamente disciplinati, definiti “eccezionali”: è stato proprio l’iter logico-giuridico seguito dai due penalisti a smontare l’impalcatura che aveva condotto l’indagato dietro le sbarre dopo la pubblica definizione del soggetto come di un “mostro”. Milito per tre giorni consecutivi era rimasto fermo in auto sulla strada provinciale 104, sempre nello stesso posto e in evidente stato confusionale: un testimone (il signor Roberto Mango) ha confermato questa circostanza in quanto aveva notato l’auto parcheggiata più volte tra il 30 aprile e il 2 maggio, oltre al fatto che lo stesso teste si era infine avvicinato al Milito per chiedere se avesse avuto bisogno d’aiuto. Tutte circostanze confermate anche dall’intervento dei carabinieri chiamati proprio dal Mango una volta resosi conto delle condizioni mentali “allucinate” dell’uomo.
Non solo: Milito in tasca aveva circa 750 euro che avrebbe potuto utilizzare per dileguarsi, saltando ad esempio sul primo treno utile dalla vicina stazione di Sapri, oppure allontanarsi con la stessa auto. Non l’ha fatto. Del resto, giova ricordare che Milito non risulta con precedenti, neppure nella banca dati delle Forze di Polizia, per non dire del fatto che era notoriamente (per gli organi dello stato) titolare di porto d’armi e, quindi, considerato meritevole della facoltà in quanto considerato “persona perbene”.
Per la procura e il primo Gip invece Milito aveva una personalità “negativa”, potenzialmente recidivante e quindi meritevole della misura coercitiva in carcere.
La tesi degli avvocati Lentini e Brandi, per i quali Milito se soltanto avesse voluto avrebbe potuto sparire dopo il delitto (per il quale neppure oggi si ravvisa un convincente movente oltre il mero incidente da sempre sostenuto dallo stesso indagato) ha invece convinto i giudici potentini che hanno disposto l’immediato trasferimento dell’anziano agli arresti domiciliari.