SaluteTumori non diagnosticati in tempo, nel Salernitano si continua a morire

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E’ di ieri l’ultimo caso, ma solo in ordine di tempo, di un paziente morto a Salerno per un’occlusione intestinale causata da una massa tumorale che, dopo una Tac, il medico non avrebbe individuato. Per i familiari dell’uomo, come si legge su Il Mattino, la tragedia si sarebbe potuta evitare se solo il dottore si fosse accorto in tempo della malattia e, pertanto, è scattata una denuncia. Il procedimento d’indagine seguirà il suo corso per accertare le responsabilità, ma resta il fatto che un uomo, poco meno che cinquantenne, ha perso la vita per una “leggerezza”, e come lui molti altri.

Si spiegano così i “viaggi della speranza”: l’efficienza nei servizi, la professionalità e la serietà nell’indagine della patologia, la cura del paziente durante la degenza fanno della sanità settentrionale un Eldorado per i malati del Salernitano. Dopo giorni, mesi, e in alcuni casi anni, trascorsi a girovagare tra cliniche e studi medici della provincia, ore in fila al pronto soccorso, attese interminabili per effettuare esami o per incontrare il medico, sperando che legga almeno uno dei tanti accertamenti effettuati, il malato si ritrova solo difronte all’incertezza di una diagnosi, che col passare del tempo finisce per compromettere la sua salute.

E’ stato ripetuto in tutte le salse che il cancro, di cui si stimano in Italia 369mila nuovi casi nel 2017, “di cui oltre il 40% è evitabile” secondo Aiom (associazione italiana di oncologia medica), va diagnosticato in tempo, ci sono gli strumenti. Quello che davvero manca nel Salernitano sono le competenze. Se la sanità pubblica e privata investe in esami diagnostici sempre più evoluti per combattere la malattia, dovrebbe al tempo stesso “formare” i medici che hanno il compito di individuarla in tempo. Anche un profano difronte ad una massa occlusiva di svariati centimetri che comprime un organo si accorgerebbe che qualcosa non va. Come può, dunque, non farlo un medico?
Questa forte difformità tra il numero di nuovi casi di neoplasie registrati al Nord rispetto al Centro e al Sud si evince da un’analisi di Lucia Mangone, presidente AIRTUM “al Nord ci si ammala di più rispetto al Sud, ma qui si sopravvive di meno. Alla base di queste differenze- prosegue- vi sono fattori protettivi che ancora persistono al Sud, ma anche una minore esposizione a fattori cancerogeni (abitudine al fumo, inquinamento ambientale ecc). Per contro, al Sud si sopravvive di meno: nelle regioni meridionali, dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi, non si è osservata la riduzione della mortalità e dell’incidenza dei tumori della mammella, colon-retto e cervice uterina”.
Appurato che se scoperta in tempo la malattia può essere curata, al Sud c’è ancora molto da fare, le campagne di prevenzione vanno sì sostenute e incentivate ma dovrebbero essere pensate per gli operatori della sanità.

Emanuela Carrafiello

Giornalista

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