Erano accusati di dichiarazioni fiscali infedeli per 50 milioni di euro, il tribunale di Nola ha assolto il proprietario dell’Hotel Raito e la moglie Annamaria Iovino.
Cadono come i birilli di una sala-bowling le accuse contro l’imprenditore Fedele Ragosta, proprietario in provincia di Salerno del noto “Hotel Raito” in costiera amalfitana. Contro di lui e contro società e persone del suo gruppo.
Il 9 marzo scorso è stato il turno del giudice monocratico del tribunale di Nola, Antonia Ardolino, che ha assolto Ragosta e sua moglie Annamaria Iovino dall’accusa di aver infedelmente dichiarato al fisco la propria condizione patrimoniale: l’importo contestato dall’ormai mitica Agenzia delle Entrate è (era) di circa 50 milioni di euro, mica bruscolini. Salvo poi fare dietro front ricorrendo al cosiddetto annullamento dell’accertamento in autotutela: circostanza che, una volta finita nel mirino del pubblico ministero, apparve come la pistola fumante del delitto da cui ne discesero guai a non finire per l’intero gruppo (che, ricordiamolo, fattura centinaia di milioni di euro e dà lavoro a circa mille persone nei settori immobiliare, turistico, siderurgico e alimentare) oltre a conseguenze incalcolabili per le persone che lo rappresentavano. Il procedimento della dottoressa Ardolino è infatti strettamente collegato ad un altro processo, definito “principale” e che inizia stamane dinanzi alla I sezione penale del tribunale di Napoli (presidente Pellecchia) in cui Fedele Ragosta, difeso anche qui dall’avvocato napoletano Marco Campora, è accusato di corruzione e abuso d’ufficio in concorso con l’ex direttore regionale dell’Agenzia, Enrico Sangermano, e diverse altre persone a vario titolo coinvolte: ora, se tanto dà tanto, essendo Ragosta stato assolto «perché il fatto non costituisce reato» secondo il giudice monocratico ne conseguirà che anche il principale venga meno nei suoi presupposti. Vale a dire che non essendoci stato il reato relativo alle infedeli dichiarazioni fiscali non potrebbe neppure esserci quello della corruzione in concorso conseguente al pactum sceleris tra Ragosta e Sangermano per la revoca degli accertamenti dell’agenzia che il secondo adottò quando scese nel merito dell’operato dei suoi sottoposti nei confronti dell’imprenditore. Certo, siamo pur sempre in Italia e in un processo può succedere di tutto ma -come si dice? – bisogna aver fiducia nella magistratura.
Fedele Ragosta (nella foto) incassa così l’ennesima assoluzione nonostante il panorama che fu prospettato alla pubblica opinione alcuni anni fa con clamorosi blitz e pompose conferenze stampa apparisse piuttosto apocalittico: il patron dell’Hotel Raito fu accusato in un altro procedimento di corruzione in atti giudiziari insieme al gip di Napoli Alberto Capuano ma è stato assolto dal tribunale di Roma (anche il magistrato seguì la stessa sorte e pure dinanzi al Csm è stato assolto dalle relative incolpazioni incassando solo una censura per fatti però non collegabili al caso Ragosta); per la nota vicenda, poi, della corruzione dei giudici tributari che occupò per mesi tutti gli spazi mediatici possibili, pure c’è stata archiviazione; poi, ancora, venne il turno della violazione della normativa sulle accise per una barca presa in leasing e pure in questo caso i due coniugi ne sono usciti assolti. Ora si aggiunge questa assoluzione a Nola: significa che il quadro prospettato anni fa dagli inquirenti è opposto a quello reale.
Resta in piedi solo poca altra roba e uno stanco, burocratico processo napoletano “per camorra” (ovviamente de relato, nel senso che c’è il solito pentito che parla di cose apprese da altri ma, a quanto raccontano le cronache, senza troppa convinzione) il cui esito potrebbe giungere a breve: le fortune del gruppo Ragosta deriverebbero, stando alle accuse, dai soldi del clan Fabbrocino (a mezzo Franco Ambrosio, boss di spicco dell’area del nolano) a lui affidati. Ma se contemporaneamente il medesimo stato agiva contro il gruppo sostenendo che la fortuna imprenditoriale nascesse invece da una corposa evasione fiscale, quale delle due origini ha avuto dunque il gruppo?
dal quotidiano “Le Cronache” del 16 marzo 2018