Neppure il tempo di completare il corridoio che separa l’emiciclo di Palazzo Madama dal luogo della “chiama”, dove si esprime il voto oralmente e nominativamente, che l’eccentrico senatore siciliano, Mario Giuseppe Giarrusso, subito si profonde in un eloquente gesto all’indirizzo di Denis Verdini e del suo gruppo (Ala): quello dell’ombrello, quasi a dire io voto no alla fiducia e beccatevi questa. Un modo come un altro per garantire l’attuazione del programma del Vaffa.
Scoppia il pandemonio, nonostante la impassibilità di Verdini che nella mente di un Cinque Stelle incarna forse il prototipo dell’indegnità: il suo gruppo invece non si trattiene e reagisce al simbolismo del pingue collega chiedendo alla presidenza di sanzionare il gesto. Nel volgere di pochi secondi l’aula si trasforma in una curva da stadio con gli uni a chiedere “giustizia” e gli altri (leggi i grillini) a rilanciare con il tradizionale tatto. Quando poi sono entrati altri esponenti targati “Casaleggio srl” per votare il no alla legge elettorale (detta Rosatellum) la situazione ha rischiato di degenerare con quelli del Pd, e solo il rituale intervento dei commessi ha evitato che la sceneggiata diventasse realtà.
Il senatore casertano D’Anna ha provato a spiegare alla presidenza cosa sia successo ma è stato inutile, la rissa era scoppiata, si tratta ora di raccoglierne i cocci. Si vedrà.
Chi conosce un po’ il senatore siciliano, notoriamente professionista dell’antimafia, immagina che la determinazione di quel gesto gli sia venuta dalle sue convinzioni in tema di giustizia, spesso agitate in diverse iniziative pubbliche nel corso del tempo. Che sono poi quelle tipiche dei 5S: sei indagato, imputato, hai problemi con la giustizia? Allora “sei fuori”, come avrebbe detto un certo Trump. Questo per quanto riguarda gli altri. Per quanto riguarda invece i “propri” (del M5S) le cose stanno diversamente. Giarrusso infatti annovera tra i suoi collaboratori parlamentari un ex sottufficiale della Finanza che di grane giudiziarie ne avrebbe da vendere. Si tratta di tal Angelo Voza, oggi in pensione dopo essere stato riformato, originario di Eboli, in provincia di Salerno, suo assiduo frequentatore, che gli cura la pagina Fb, organizza convegni ed iniziative varie in diversi posti della Campania, fan scatenato della “filosofia” grillina. Il personaggio è balzato agli onori della cronaca locale diverse volte per una serie di vicende in parte legate alla sua vecchia attività di finanziere, in parte a fatti più recenti.
È infatti imputato per falsa testimonianza nel processo per l’omicidio Rostagno a Trapani, per appropriazione indebita (incassava, dice l’accusa, soldi pubblici con le solite associazioni “culturali”) a Salerno, calunnia e diffamazione aggravata a Napoli e Salerno e, ultima rogna, per estorsione nei confronti di un imprenditore, sempre a Salerno. I suoi ex superiori di Rimini, in atti giudiziari lo definiscono “privo delle necessarie qualità morali e professionali”. A chi dunque il gesto dell’ombrello?