Chi si somiglia si piglia? L’antico proverbio serve in genere per spiegare perché persone affini si uniscano in sodalizi di varia natura, in un matrimonio, un’amicizia, un rapporto di professionale. La vita insegna che nella maggioranza dei casi è così, in altri meno.
La domanda ce la siamo posti -e la risposta ancora stenta a materializzarsi- quando ci è giunta una nota stampa relativa ad una iniziativa in corso oggi nel Vallo di Diano: “Giustizia e sicurezza: le conseguenze dei tagli (del governo, ndr) sui territori”, convegno organizzato dal meet up Amici di Beppe Grillo Attivisti di Sala Consilina, una delle sigle della costellazione a 5 Stelle cosiddetta. La guest star della giornata sarà il senatore siciliano Mario Michele Giarrusso, volto noto al grande pubblico per via di una particolare propensione al professionismo antimafioso, tratto distintivo di un certo modello di ceto politico sulle cui sorti magnifiche e progressive sono aperte le scommesse. L’evento si terrà nell’aula magna dell’istituto scolastico di via Matteotti del centro capofila del vallo. Presenti alcune figure di riferimento dell’universo grillino locale.
Ma perché ci siamo fatti quella domanda? Semplice: perché il senatore Giarrusso, invitato per spiegarci i complicati meccanismi della giustizia italiana, le scelte governative in materia e le relative ricadute territoriali, potrebbe iniziare con lo spiegare quali criteri abbia egli seguito nella scelta dei propri collaboratori parlamentari, visto che sia lui e -presumiamo- sia chi ha l’onore di stargli accanto in Parlamento vengono retribuiti con danaro pubblico: del resto, non è la battaglia della vita dei 5 Stelle quella dell’utilizzo del danaro pubblico da parte dei politici? Non è, ancora, la battaglia della vita quella di sputare in faccia a chiunque abbia o abbia avuto la sventura di patire una grana giudiziaria, anche col più banale avviso di garanzia? Non sono loro che ci istruiscono quotidianamente col mantra dell’onestà, con la loro diversità antropologica, con le teorie retrosceniste su qualsiasi cosa l’attualità offra sul piatto?
Abbandonando per un attimo le nostre radicate convinzioni garantiste e abbracciando l’ottica con la quale gli stessi grillini giudicano le cose (degli altri), vien da domandare al senatore oggi ospite nel Vallo come mai abbia scelto tra i propri collaboratori una figura ampiamente compromessa con la giustizia, con il proprio mondo lavorativo di riferimento, con larghe fette della società e della politica del territorio. Parliamo di una vecchia conoscenza di questo giornale, l’ex maresciallo della Finanza Angelo Voza, notoriamente (lo dice e scrive lui stesso) “analista e assistente parlamentare” a Palazzo Madama del senatore in questione.
Giarrusso sa che l’ex finanziere, oggi in pensione dopo essere stato riformato, è ricoperto di procedimenti penali, tra indagini e rinvii a giudizio, per reati che vanno dalla calunnia alla diffamazione aggravata, dall’appropriazione indebita alla falsa testimonianza e -verosimilmente- altri ancora a venire? O forse il senatore ha ingoiato la tipica epopea di taluni soggetti improntata alla lagna dei “poteri forti che mi ostacolano perché nel corso della mia vita mi sono occupato di mafia, di massoneria deviata, di servizi (ovviamente deviati pure questi), di corruzione” etc? Non è improbabile, salvo che il proverbio richiamato non abbia ragion d’essere nel caso nostro. Dalla fabbricazione di dossier alla spedizione seriale e maniacale di esposti e denunce contro chiunque si interponesse sul suo cammino (ad esempio, creditori costretti a recedere dalle ingiunzioni se non volevano rogne favorite dal fiancheggiamento di un’altra divisa della Gdf, ancora oggi in servizio, società con indagati, etc.), dal “taglieggiamento” continuo di imprese ed aziende costrette a versare soldi -spesso pure in contanti- per improbabili associazioni culturali su cui la procura di Salerno, ad esempio, sta ancora indagando, alla girandola di danaro (circa 100mila euro all’anno per diverso tempo, quasi 1,6 mln di euro) su non meno di 20 conti correnti tutti nella propria disponibilità, al “lavoro di fantasia” come hanno scritto i giudici della Corte d’Assise di Trapani da questi compiuto in qualità di testimone al processo Rostagno (dov’era teste della parte civile e non dei pm procedenti) costatagli un’imputazione per falsa testimonianza, tra l’altro in un processo sbandierato sui social e ovunque ci sia qualcuno disposto a scriverne come medaglia al merito, omettendo però scientemente di aggiungere le conseguenze che ha avuto.
Premi, encomi, attestati ottenuti in un curriculum da finanziere e da civile che invece racconta tutt’altro. Ad esempio di un fantomatico “Premio Petrosino” conferito lo scorso anno proprio all’ex finanziere che, in realtà, era un banale attestato di partecipazione alle celebrazioni in memoria del poliziotto italo-americano, opportunamente “ritoccato” per farlo apparire in pubblico chissà cosa. E così via, in un infinito tentativo di rappresentazione di se che, se nel corso del tempo ha funzionato sotto ogni profilo, grazie anche all’evidente silenzio dei superiori gerarchici locali e di alcuni magistrati -diciamo- distratti) oggi funziona soltanto con i 5 Stelle, con qualche commerciante ancora disposto a “soprassedere” e con scampoli del giornalismo di quarta categoria. Se un senatore della repubblica, uno di quelli che un giorno ci rieducherà alla vita civile, è parte di questo progetto, ecco che il problema diventa d’improvviso di tutti. Se non lo è, omaggi quella mitica “onestà” che fa battere il cuore dei 5 Stelle e ce lo faccia sapere. Qui di tempo ne abbiamo, non c’è fretta
dal quotidiano “Le Cronache“