La luce è il motivo legittimo della nuova installazione nella sezione del museo archeologico nazionale di Napoli dedicata alle antichità egiziane, che riapre al pubblico dopo un lungo periodo di “buio” (dal 2010 all’ottobre 2016).
Sebbene siano esposti nella cantina dell’edificio, i reperti tornano a nuova vita grazie ad una risistemazione degli spazi, con vetrine ed impiantistica adeguata regalando un ambiente ben illuminato e arioso, dove prevalgono il bianco e il metallo. La sezione illustra la vita quotidiana e le abitudini degli antichi egiziani, pertanto gli spazi necessitavano di luminosità, in netto contrasto con lo stereotipo di un Egitto oscuro, cupo e misterioso.
La prima sala riproduce significativamente un dipinto di Paolo Vetri del 1875, che mostra l’impostazione storica di Giuseppe Fiorelli, tanto più scuro e più cupo per la presenza di due signore austere, vestite di nero. Il contrasto non potrebbe essere più evidente. Il solo oggetto scuro è il “Nauforos Farnese” in basalto nero che accoglie i visitatori: la divinità offerta da questa particolare statua è Osiride, dio dell’aldilà.
Sono circa 1.500 i manufatti (su un totale di 2.500 articoli della collezione) che illustrano ogni aspetto dell’antico Egitto: dal rapporto tra sovrani e sudditi, alla scrittura, alle arti e i mestieri, alla religione, magia, fino alla morte e al rito della mummificazione.
I capolavori occupano il centro di ogni salone: le statue comprendono la cosiddetta “Lady of Naples”, che in realtà rappresenta un ufficiale della terza dinastia (terzo millennio aEV) e il curioso monumento di Imen-in-inet che celebra tutta la sua famiglia, senza trascurare un ritratto molto interessante di Alessandro Magno.
I manufatti funerari comprendono una piccola ciotola incisa con prescrizione medica per il trattamento della tosse, pubblicata solo di recente; un gran numero di ushabtis, figurine che accompagnavano il defunto nell’aldilà per eseguire il lavoro manuale a loro luogo; mummie, inclusi i resti umani – una testa e quattro piedi – che furono collocati nelle campane napoletane destinate alle scene della Natività nel XIX secolo. Occupano alcune teche anche mummie false che sono state messe insieme nel laboratorio di restauro del museo (anche nel diciannovesimo secolo) per colmare un vuoto nella collezione.
Il museo napoletano ospita di fatto una delle più grandi collezioni di reperti egizi.
La sezione Egizia di Napoli è una tra le più antiche d’Europa, poiché è stata formata prima di quella del Louvre, di quella dei Musei Vaticani e di quella del Museo ‘Egizio di Torino. Fu formata infatti con oggetti rinvenuti a Pompei, Ercolano e Pozzuoli e da raccolte private quali la collezioni Borgia del Settecento, quella Picchianti dell’Ottocento e la Farnese.
Nella collezione ci sono migliaia di oggetti che vanno dall’Antico Regno (2686 avanti Cristo) all’età greco-romana (395 dopo Cristo).
Il gruppo più consistente di reperti in mostra è venuto dall’acquisto, nel 1814, di numerosi oggetti egiziani significativi appartenuti al cardinale Stefano Borgia (1731-1804). Nominato segretario della Congregazione per la Propagazione della Fede, il cardinale ha approfittato del suo posto per ottenere manufatti di tutto il mondo. La sua collezione egiziana è stata particolarmente famosa, ed è stato recentemente scoperto che Borgia ha ulteriormente arricchito i suoi beni strappando ogni oggetto egiziano che è venuto alla luce durante gli scavi archeologici della penisola.
Infatti è stato recentemente scoperto un manoscritto presso la Biblioteca Reale di Copenaghen, riportando un catalogo della collezione cardinalizia elaborato dall’archeologo danese Georg Zöega nel 1784, completo della sorprendente provenienza di ciascun articolo elencato.
La collezione Bourbon è stata ulteriormente arricchita grazie agli acquisti di antiquari e commercianti, in particolare da Giuseppe Picchianti di Firenze , che da diversi anni vive in Egitto e poi assunto come “assistente custode” e restauratore del Museo di Napoli. Le sue avventure mozzafiato e stupefacenti sono attualmente in fase di ricostruzione grazie al recente recupero dei documenti originali.
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