Dici ospedale “Cardarelli” di Napoli e immagini due cose: antica e gloriosa scuola di medici e chirurghi da una parte, reparti intasati e ammalati su barelle in corridoio dall’altra. Ora, però, siamo alle sale operatorie trasformate in corsie.
Quattro pazienti sono infatti stati sistemati nell’area chirurgica perché i 38 posti in Rianimazione e terapia intensiva erano occupati. Prima conseguenza: stop alle operazioni da ieri mattina alle 8 fino al pomeriggio. Seconda conseguenza: disagi a cascata per malati, famiglie e operatori. Terza conseguenza: un mare di polemiche, maturate e a venire, sullo sfondo di una lotta politica, già deflagrata anche mediaticamente, per il controllo della sanità, tra il presidente De Luca e il commissariato di governo. Ma sono le prime due, tra le conseguenze indicate, quelle più serie. Specie ora che dalle sedie e le barelle in corridoio si è passati direttamente al complesso operatorio. Non senza considerare la eccezionalità del momento dovuta al gran freddo degli ultimi giorni: dalla mezzanotte di domenica alle 7 del mattino di ieri sono arrivate 138 persone, quasi venti all’ora, ritmi complicati per chiunque.
Dice Ciro Verdoliva, direttore sanitario dell’ospedale napoletano: “E’ un momento difficile, visto che tutti i posti sono occupati ma siamo riusciti ad individuare delle disponibilità di altre strutture per trasferire alcuni pazienti. Libereremo presto il complesso operatorio di neurochirurgia che potrà ricominciare a operare intorno alle 12.30”. La situazione si è andata normalizzando in giornata: il punto è l’interpretazione di “normalità”.
La fotografia scattata da media e agenzie nel corso delle ultime ore ha evidenziato una situazione oltre il limite: dieci barelle al Pronto soccorso, l’intero corridoio dedicato all’osservazione “breve” dei malati occupato, con altri cinque sistemati all’esterno della porta. Per affrontare l’emergenza nell’emergenza è stata organizzata un’ala dell’ospedale per i soli casi di Codice bianco, quelli meno gravi ma che non si decidono a calar di numero per antica consuetudine italica. Un medico e un infermiere si occuperanno unicamente di questi, alleggerendo così il lavoro ai colleghi travolti dal flusso continuo di ricoveri, visite, emergenze.
Ma il guaio grosso è in Rianimazione e terapia intensiva, quello dove meno si può scherzare. Il manager ospedaliero ha precisato nel corso di una convulsa giornata che “in quel reparto l’affollamento deriva dai numerosi pazienti che sono arrivati al pronto soccorso: agli accessi della notte bisogna aggiungere anche gli 86 pazienti che sono arrivati da stamattina (ieri per chi legge, ndr). Se non riusciamo ad operare a causa dell’affollamento della terapia intensiva non riusciamo a liberare le barelle, quindi siamo di fronte a un cane che si morde la coda. L’azienda da stamattina presto è tutta impegnata a risolvere il problema. Non stiamo lasciando nulla di intentato ma soprattutto stiamo mettendo in campo tutto quello che è necessario per garantire un’assistenza professionale e dignitosa al paziente. Nessuno si sta risparmiando”. Se ci si sia riusciti lo si capirà a valle: a monte la situazione si è presentata da terzo mondo, tanto per non abusare di luoghi comuni, con pazienti arrangiati su barelle che stazionano in attesa dei risultati delle visite e di un eventuale ricovero, e medici a loro volta con spazi a disposizione molto ristretti per muoversi tra i malati.
Alleggerire il carico e mandare qualcuno in altre strutture ospedaliere con posti ancora liberi non è stato facile. Primo perché la densità attuale della stragrande maggioranza delle strutture campane non facilita lo ‘sfogo’ del Cardarelli (che è pur sempre il più grande ospedale del Mezzogiorno) e poi perché trovare alcuni spazi a Benevento o un posto letto ad Avellino o nel casertano -come nel corso della giornata è avvenuto- non risolveva granché. Senza considerare la neve di queste ore in molte aree interne della Campania. Insomma, un grattacapo di quelli veri per chi è chiamato a dare risposte. La vera sfida di De Luca.
dal quotidiano “Libero” del 24 gennaio 2017
*Foto_ Nicola Clemente