OmissisCaso Ises: le prove del sequestro dei disabili

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E’ accaduto ancora, per fortuna anche stavolta non raccontiamo di tragedie: ma nulla esclude che un giorno si potrà essere costretti a farlo. Dagli eventi. Un disabile tra i 26 ospiti nei locali dell’ex cooperativa Ises di piazza Pendino di Eboli, ha dato in escandescenze. E’ successo poco prima di fine d’anno. Si tratta di un paziente originario di Pozzuoli, con ritardo mentale e forti disturbi di comportamento, in trattamento con psicofarmaci cui nessuna autorità medica da circa due anni offre (né potrebbe) copertura legale. Sappiamo tutti perché, lo scriviamo da tempo.

 

Una riduzione, un aumento, un cambiamento o un mancato adeguamento della terapia alle condizioni attuali del disabile: tutto potrebbe aver scatenato la sindrome, tra l’altro piuttosto frequente in patologie del genere. Non si sa chi prescriva cosa a chi, perché e in base a quali valutazioni, un contesto maturato da due anni circa nella complicità generale di istituzioni e organi di controllo, cui è andata ad aggiungersi in allegria l’amministrazione comunale.

Il ragazzo viene quindi preso in carico dalla famiglia su sollecitazione degli operatori e portato a casa nell’hinterland napoletano. Qui però la situazione si aggrava, il giovane colpisce al volto con un pugno una parente del fratello: a quel punto i familiari decidono di riportarlo ad Eboli, dove la situazione sembra abbia avuto un seguito all’interno delle fredde mura della sempre più fatiscente struttura. Cosa sia successo dopo lo si ignora, almeno per adesso. Rammentiamo ai nostri soliti cinque lettori che non è il primo caso di pazienti in situazioni border-line, andando a ritroso nel tempo si trovano le vicende di altri due, di cui uno morto e cremato in un battibaleno e l’altro annegato in circostanze non proprio cristalline, oltre a un paio di ricoveri ospedalieri in extremis con garanzie di assistenza pari a zero.

Emergono ora nuovi elementi che confermano la tesi secondo cui questi disabili siano sotto sequestro, in ostaggio di una rete di complicità dura a morire, rianimata di recente dalla scelta “politica” di portarli in blocco nella Casa del Pellegrino, nei pressi del santuario dei Ss.mi Cosma e Damiano, fresco di costruzione grazie ad un finanziamento pubblico di circa 6 milioni, voluto dal sacerdote don Enzo Caponigro (autore di una dettagliata denuncia all’Anac e alla procura di Salerno). “Dobbiamo metterli lì, non possiamo mica lasciarli per strada” è il ritornello, auto-giustificativo, all’origine della decisione: in gergo si dice che queste siano bufale, palle. La prova consiste nel fatto che -come già scritto da Le Cronache tempo addietro- diversi centri di riabilitazione della provincia di Salerno abbiano dato formale disponibilità a prenderli in carico, garantendo loro l’assistenza e le cure mediche cui hanno completo diritto. Lo ripetiamo: l’Asl nel 2014 ha interrotto i rapporti con il centro a causa delle note vicende relative alla carenza dei requisiti strutturali necessari all’accreditamento presso il Ssn. Il direttore della macro area Asl Federico Pagano, che dell’Ises conosce vita opere e miracoli, informa i soggetti interessati che i disabili debbano essere sistemati altrove, lì non possono più stare: e già questo basterebbe, in un paese normale, a muoversi di conseguenza. E’ a questo punto che si concretizzano i fatti che dimostrano la illegalità del trattenimento di 26 disabili, anche se fossero ospitati dalla reggia di Caserta: c’è infatti chi si dichiara disponibile a prenderli, e lo mette nero su bianco. Lo fa il centro “Villa dei Fiori” del gruppo Angrisani che il 7 luglio 2015 risponde all’Asl dicendo che può prenderne in carico addirittura 27, uno in più del necessario; oppure il centro “Lars”, nell’agro nocerino, che l’8 luglio 2015 fa sapere di poterne ospitare “solo” sette. Altri ancora si offrirono per i pazienti in regime semi residenziale o ambulatoriale, un altro canale. E dunque? Niente, tutto come prima. E ogni ora che passa peggiora: come il caso appena raccontato conferma.

Si aggiunga, poi, che sul versante comunale la faccenda pare stia complicandosi: il collaudo finale della Casa del Pellegrino è fermo al palo, il rischio di finire nei guai è alto, si segnalano forti tensioni. Mentre si apprende di strani impegni presi dal comune con il distretto sanitario per le spese di compartecipazione di degenti (il 60%) tra l’altro declassati da socio-sanitari in residenziali-assistiti senza la legittimazione necessaria. Come pure emerge un altro dato che contrasta con quanto affermato, anche in un consiglio ad hoc, dall’amministrazione comunale: in un verbale del Coordinamento istituzionale del Piano sociale di zona S3 (Eboli capofila) del 23 novembre 2016, un dirigente dell’Asl (dottoressa Anzanelli) comunica testualmente all’ente, rappresentato dall’assessore Lazzaro Lenza: “…il rapporto di accreditamento tra il Ssn e la struttura riabilitativa Ises si è interrotto a fine 2014. Pertanto nessun utente può essere stato inviato in trattamento presso di essa”. Più chiaro di così.

Se continuano a starci è solo perché sono trattenuti da qualcuno. Sono come i bambini: si possono lasciare i bambini in queste condizioni?

La procura della repubblica fino a quando potrà assistere inerte (sebben non inerme) a violazioni di legge tanto clamorose?
dal quotidiano “Le Cronache” del 15 gennaio 2017

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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