Ogni giorno gli italiani presentano 818 domande di mediazione o arbitrato, forme di giustizia alternativa per risolvere liti e controversie di cittadini e imprese, cercando un accordo fuori dai tribunali. E’ il quadro nazionale della giustizia alternativa nel 2015 presentato oggi a Milano, così come emerge dal Rapporto Isdaci, giunto alla nona edizione, promosso da Unioncamere, Camera di Commercio di Milano e Camera Arbitrale di Milano.
In sintesi sono state 298.728 le domande nel 2015, +12% rispetto all’anno precedente, pari a circa 32mila domande in più. Si tratta per circa il 66% di domande di mediazione amministrata (196.247, +9%) e per il 34% di conciliazione Corecom (101.672, +17%). 784 invece gli arbitrati amministrati (+10%). Gli organismi di mediazione si concentrano a Roma (12,5%), Napoli (7,5%), Milano (4%), Salerno (3,7%), Torino (2,2%), Bologna, Lecce e Palermo (2%). Sempre Roma (22%), Milano (10%), Genova (9%) e Bologna (5%) da sole concentrano quasi la metà di tutte le camere arbitrali attive in Italia, anche se la Camera Arbitrale in Camera di commercio di Milano copre da sola il 17% di tutte le procedure nazionali.
“Si è trattato di un anno positivo, anche se resta ancora da fare per promuovere la cultura della mediazione volontaria e dell’arbitrato“, secondo Massimo Maria Molla, presidente Isdaci. Per Stefano Azzali, direttore Isdaci e segretario generale della Camera Arbitrale, azienda speciale della Camera di commercio di Milano: “Abbiamo aspettative di crescita per il futuro, nel quadro della riforma delle Camere di commercio: saranno rafforzate queste competenze di mediazione, che hanno radici storiche nella nostra istituzione”. Conferma il vice segretario generale Unioncamere Nazionale, Tiziana Pompei: “Nel quadro della riforma delle Camere di commercio, dobbiamo orientarci sempre di più verso una mediazione tra imprese, per offrire un servizio effettivo. Occorre poi stabilizzare l’obbligatorietà e agire sugli incentivi, a partire da una effettiva detrazione delle spese, per promuovere la diffusione di questo strumento in un quadro europeo. Infine, occorre lavorare sulla digitalizzazione e sul rafforzamento degli strumenti online”.
Ansa