OmissisDimmi che toilette hai e ti dirò chi sei: il caso della Reggia di Caserta

https://www.eolopress.it/index/wp-content/uploads/2016/07/a8f2e6304bade688717c3fd05dc60fa8-700x467.jpg

C’è un metodo antico per farsi un’idea del livello di civiltà raggiunto: osservare le condizioni igieniche della «ritirata», la francese toilette, il latino cesso, l’italianissimo bagno. E’ qui che capisci come funziona il resto dell’organizzazione. Vale per il privato, vale per il pubblico. Dando ciò per buono, la meravigliosa reggia di Caserta sembrerebbe non passarsela bene. Ne ha parlato qualche giorno fa l’edizione casertana del Mattino.

 

{source}
<script async src=”//pagead2.googlesyndication.com/pagead/js/adsbygoogle.js”></script>
<!– Sottotop menu –>
<ins class=”adsbygoogle”
style=”display:inline-block;width:694px;height:90px”
data-ad-client=”ca-pub-5807540174219874″
data-ad-slot=”2846875425″></ins>
<script>
(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
</script>
{/source}

I bagni del real sito borbonico si presentano male, specialmente quelli dedicati al gentil sesso. Se da quello dei maschietti è lecito attendersi la scarsa mira all’origine dei tipici lezzi, nel bagno pubblico femminile si assiste alla caccia al tesoro della carta igienica. Diverse le testimonianze recenti, pur in un contesto di miglioramento dei fondamentali nello stato di salute della reggia.

L’avventrice in questione, non di un motel autostradale né di un cinema in periferia ma di un patrimonio monumentale che non ha bisogno di presentazioni, apre la prima porta speranzosa di trovare il servizio minimo. Invece: niente contenitori per la carta, quando ci sono si presentano vuoti o sventrati. Così per la seconda porta, per la terza, la quarta e così via. Scattano le contromisure: mani nervose frugano nelle borse a caccia di fazzoletti di carta per il necessario fai-da-te, salvo poi accorgersi che non ci sono cestini per rifiuti, né per la raccolta degli assorbenti. Facile intuirne le conseguenze.

Le cose non andrebbero meglio all’interno. Racconta una turista ciociara in visita alla reggia: «Il posto è meraviglioso ma ho notato una certa incuria: polvere sui mobili negli appartamenti reali, alcuni intarsi ne sono pieni». 

I numeri dicono che dall’inizio dell’anno c’è stato un incremento in positivo degli indicatori che riguardano la struttura. La nuova direzione affidata al «comunista» bolognese Mauro Felicori, sembra aver dato una spinta utile al rilancio, non foss’altro per l’impegno profuso che gli valse mesi fa una famosa protesta sindacale con l’accusa di «lavorare troppo». Restano, però, le denunce raccolte l’altro giorno in Campania: erbacce nei viali secondari, attorno alle statue e manutenzione di giardini e aiuole a macchia di leopardo. Lo stesso “cannocchiale”, il grande corridoio che conduce all’interno del palazzo, non se la passa meglio: porta-rifiuti arrugginiti, spesso rotti, di quelli per i mozziconi non c’è l’ombra, con le sigarette che immancabilmente finiscono per terra, quando non tra carta, plastica e spazzatura varia. Per non dire del “cancro” storico dei monumenti: i piccioni, che a Caserta continuerebbero a prendere di mira incolpevoli turisti scelti a campione, non dopo aver lasciato in eredità chiazze di abominevole guano. Insomma, la meraviglia del luogo attutisce tutto ma gli sforzi da fare sembrano ancora molti.

Travel Appeal”, una start-up che monitora l’indice di gradimento dei siti turistici fornendo ai gestori le informazioni di ritorno dell’utenza, colloca la reggia borbonica verso il fondo della classifica con un indice di gradimento del 70,6%, davanti solo alla Galleria nazionale d’Arte antica di Palazzo Corsini a Roma e al Museo delle Antichità di Torino. Dai dati forniti dal Mibact le criticità maggiori si registrano sulla percezione che i visitatori hanno avuto seguendo alcuni parametri: i servizi igienici, la presenza di barriere architettoniche, i prezzi d’ingresso e la qualità dei bar e dei servizi ristorazione. Ciò che spiegherebbe il posizionamento della reggia di Caserta nella speciale classifica. Urge rimedio.

(dal quotidiano “Libero” del 1 luglio 2016)

Peppe Rinaldi

Giornalista

Leave a Reply