OmissisEboli: i 25 disabili «sequestrati» e l’Asl che blocca l’operazione Albanella

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Purtroppo è così. Di fatto e, forse, anche di diritto. Ci sono 25 disabili sospesi nel limbo, tecnicamente «sequestrati» all’interno di una struttura, peraltro fuori legge. Che, infatti, dovrebbe essere chiusa, come chiuse sono state mille altre attività, spesso per motivazioni infinitamente più leggere rispetto al quadro generale del centro Ises di Eboli (nella foto).

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La cooperativa è stata commissariata con l’arrivo del funzionario del ministero del Lavoro, l’avvocato Angela Innocente. I lettori di Le Cronache conoscono a memoria il problema. Al punto da aver già letto mesi e mesi orsono l’esito della storia, come cioè sarebbe andata a finire. Spieghiamo.

Il centro per disabili è aperto, seppur sotto sfratto per l’ovvia morosità, e mancherebbero pochi giorni per l’addio alla palazzina di Piazza Pendino, la stessa all’origine di tutto per l’insanabile condizione urbanistica che nel corso dl tempo l’Asl guardava senza vedere. Continuando ad erogare milioni di euro ogni anno. In cambio di cosa ognuno è libero di immaginarlo, visto che non c’era una carta in regola. Anche questo lo abbiamo raccontato fino alla nausea.

Gli ospiti del centro, affidati unicamente alla residua pietas di eroici operatori, da tempo sono appesi all’incertezza sul proprio futuro, che è alla fine ciò che conta davvero. Alcuni di loro sono «tribunalizzati», affidati a tutori, con situazioni pregresse drammatiche sotto il profilo familiare, culturale, sociale, etc.

Necessiterebbero di risposte immediate, di certezze, stabilità: se non fossero disabili, impossibiliti a far valere le  proprie ragioni, non si sarebbe arrivati a questo punto. Solo dopo vengono le altre cose, i lavoratori, l’indotto economico, etc.

Non solo, c’è anche un altro, stringente problema riassumibile in questo schema: a che titolo stanno lì se il palazzo non ha l’agibilità? chi ne risponde (oltre al sindaco, che sta giocando una partita complessa) in caso di guai? I piani terapeutici da chi sono autorizzati e, nel caso, come si fa a dare il via libera se non ci sono i titoli a monte? La partita è sostanzialmente chiusa sotto ogni profilo, perfino quello giudiziario-amministrativo dopo un improvviso dietro front al Consiglio di stato: il commissario deve portare a chiusura la pratica, possibilmente guadagnandoci quanto più è possibile (legittimamente, sia chiaro), ogni altra condotta si colloca al di fuori della realtà. Se non nasce un soggetto giuridico nuovo, con sede, strumenti e autorizzazioni varie, si perde solo tempo.

Le cronache di questi giorni raccontano di una situazione ormai fuori controllo, con la compagine sociale ancora divisa da contrapposizioni interne, forse altrettanto insanabili. Organi dirigenti non ne esistono più, sono stati tutti sciolti con il commissariamento. Si danno molti numeri, sul bilancio e sulle prospettive: a metà settimana pare che il sindaco Cariello, con l’avvocato Innocente e altre rappresentanze, si recherà negli uffici di via Nizza a Salerno, sede Asl. Per far cosa non si capisce: non c’è alcun accreditamento da “recuperare”, il famoso cambio di destinazione d’uso per il palazzo Fulgione non lo voterà nessuno in Consiglio comunale, sempre che vi giunga; gli sceicchi pronti a mettere sei milioni di euro in un “guaio passato” come l’Ises – anticipato da Le Cronache mesi fa- presto torneranno ad intermediare badanti per anziani; prima o poi arriveranno le mazzate della giustizia tributaria, forse anche penale. Di cosa si parla dunque?

Tra l’altro, una delle situazioni immaginate da questo giornale nel corso della lunga inchiesta sul ginepraio Ises, ha preso forma. Mentre si mandava a comprare il famoso pepe ai dipendenti (non sempre incolpevoli), ad Albanella, piccolo centro vicino Eboli, stava per aprire una struttura analoga all’Ises. Alla guida, la stessa cordata che della cooperativa ebolitana ha rappresentato l’anima per anni. Era tutto pronto, perfino un cambio di destinazione urbanistica era stato fatto dal comune ospite, naturalmente e legittimamente interessato a rinfoltire il tessuto economico del proprio territorio. Senonché, ci sarebbe stata un’improvvisa complicazione e l’Asl ha dovuto correre ai ripari.

Gli spifferi di via Nizza indicano una delibera in auto-tutela, fatta in extremis, di sospensione dell’accreditamento. Si parla, almeno in questa prima fase, di un milione e mezzo di euro circa. Cosa è successo? Si racconta di una pasticcio sulla identità societaria da accreditare presso il servizio sanitario, causato da una partita Iva irregolare. Non un dato formale ma sostanziale, perché relativo ad autorizzazioni che non avrebbero potuto esser concesse. A meno che non venisse identificato un codice al posto di un altro. Quello che si cerca di capire.

(dal quotidiano “Le Cronache” del 12 giugno 2016)

Peppe Rinaldi

Giornalista

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