Dopo il magistero francese, rappresentato da Sophia Vaillant, che ha inaugurato nell’abituale cornice del Salone dei Marmi di Palazzo di Città, la decima edizione del Festival Pianistico Internazionale Piano Solo, promosso dai pianisti Paolo Francese e Sara Cianciullo, ospite del Comune di Salerno, con la collaborazione di Santarpino Pianoforti e Pisano Ascensori, domani sera, alle ore 19, ritorno in Italia con il prestigioso pianista Andrea Bacchetti.
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In una giornata particolare, quale è l’8 marzo, data del quarantennale della scomparsa di Alfonso Gatto e giorno dedicato alla Donna, la direzione artistica di Piano Solo non ha voluto far mancare il proprio contributo alle celebrazioni del nostro poeta, affidando un breve reading, una prosa e qualche verso, al giovane attore e chitarrista Marco De Simone.
Andrea Bacchetti ha scelto di aprire la sua performance salernitana con il Bach delle Suite Inglesi e Francesi. Si inizierà con la Suite inglese n°5 in Mi BWV 810, caratterizzata da un Preludio fugato molto ampio e ritmicamente molto serrato, e dai due Passepied che rappresentano un ricalco stilistico delle musiche clavicembalistiche francesi con una Giga costruita su di un tema cromatico fra i più icastici del genio di Lipsia. Tre saranno le Suite Francesi, la BWV 816, la BWV 813 e la BWV 812, in cui la qualità estetica permane costante in tutte le danze. Le prime due, in ordine di catalogo, in modo minore, sono tuttavia le più seriose, con tratti, specie nella BWV 812, arcaicizzanti, mentre la quinta, più difficile tecnicamente di tutte le altre, è solare, luminosa e presenta nella Gavotta e nella Giga due momenti di scintillante virtuosismo. Ascolteremo, quindi, la Suite inglese n° 2 BWV 807, che si apre con un ampio e robusto Preludio, in gran parte a due voci, suddiviso in episodi di tutti e di soli, e con riesposizione finale del primo episodio, caratteristica che lascia intravvedere la forma circolare, non la solita forma chiusa. La prima parte della serata sarà chiusa Concerto BWV 971 “nach italienischem Gusto”, un’indicazione che non ha ovviamente bisogno di traduzione, risale al 1735, ovvero, alla seconda parte del Clavier-Übung di Johann Sebastian Bach Il riferimento all’Italia non deve stupire perché Bach aveva una grande familiarità con la produzione di autori come Vivaldi e Albinoni, Marcello e Corelli. L’indicazione bachiana che anzitutto colpisce nel Concerto italiano è che il pezzo sia espressamente destinato a un clavicembalo con due manuali e questo perché sicuramente Bach intendeva ricreare attraverso uno strumento di questo tipo l’effetto dell’insieme strumentale tipico del Concerto. Ed è proprio nel gioco dei contrasti che si rivela la particolare bravura richiesta all’interprete che nella versione pianistica deve riuscire a contrapporre la luminosità degli episodi “solistici” alla robustezza del “tutti”.
Naturalmente la rivisitazione è tutta bachiana, ma si avverte chiaramente appunto il “gusto italiano” e in particolare quel modello vivaldiano che Bach aveva ben presente nel comporre questo celebre brano che, inizia con un movimento dal carattere vivo, ma per il quale l’autore non ha lasciato alcuna indicazione di tempo; il secondo movimento è un Andante pieno di lirismo e di nostalgia, il Finale è un Presto che si ricollega con il tempo iniziale.
La seconda parte del programma verrà inaugurata dall’Impromptus op.142 D 935 n°2 composto da Franz Schubert nel 1827. I quattro Improvvisi dell’op. 142 furono pubblicati all’inizio separatamente, allo scopo di poterli vendere con più facilità, come risulta del resto da una lettera inviata dall’autore in data 21 febbraio 1828 all’editore Schott. La tonalità del secondo improvviso Allegro, è il Mi bemolle maggiore, latore di una scrittura pianistica liquida e brillante, con quei disegni di terzine con tipico effetto ondulatorio, che anticipano chiaramente i tratti espressivi che saranno caratteristici dello Chopin dei Valzer. Finale interamente mozartiano con il Rondò in Re Maggiore KV 485, datato 1786, un omaggio a Johann Christian e Philippe Emanuel Bach, con tutte le civetterie sentimentali e piccanti del loro stile, e la Sonata KV333, in Si Bemolle Maggiore, la Parigina, composta due anni dopo, rappresentativa di un equilibrio classico, in virtù di una armoniosa sintesi di brio, eleganza e profondità.
Olga Chieffi