Cinquantamila euro: tanto dovrà pagare Massimo Ciancimino (nella foto) ultimo figlio di don Vito, ex sindaco di Palermo deceduto col marchio doc di mafioso, a Rosario Piraino, agente dell’Aisi, i servizi segreti. Lo ha deciso la I Sezione civile del tribunale siciliano.
{source}
<script async src=”//pagead2.googlesyndication.com/pagead/js/adsbygoogle.js”></script>
<!– Sottotop menu –>
<ins class=”adsbygoogle”
style=”display:inline-block;width:694px;height:90px”
data-ad-client=”ca-pub-5807540174219874″
data-ad-slot=”2846875425″></ins>
<script>
(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({});
</script>
{/source}
La celebre «icona dell’antimafia» (copyright Antonio Ingroia), tra gli assi portanti dell’accusa nel processo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia che vede imputati, tra gli altri, Nicola Mancino, Marcello dell’Utri, gli ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu e l’altro 007 Lorenzo Narracci, aveva detto che Piraino un giorno si presentò dinanzi alla sua porta e, con fare persino gentile, gli intimò di smetterla di fare rivelazioni su Berlusconi e relativi legami con Cosa nostra. Ovviamente lui, Ciancimino jr, si spaventò e corse dai magistrati.
Dopo una busta contenente cinque proiettili, strane chiamate al citofono dell’abitazione, sullo sfondo di un misterioso “signor Franco” che si aggirava anni prima in casa paterna governando i fili dell’immonda “trattativa”, i poteri occulti decisero di affrontarlo, sperando di tappargli la bocca: inviandogli Piraino, agente segreto la cui sfortuna fu di essere sorteggiato tra le foto mostrate per il riconoscimento.
Siamo nel 2009, le dichiarazioni occupano a lungo la scena dei media ‘antimafiosi’, in un turbinio di titoli e palinsesti, ospitate, libri e agende rosse: Piraino ne uscì distrutto, immediatamente sollevato da ogni incarico e trasferito ad altro ufficio, un classico. Naturalmente, dopo esser stato indagato, rivoltato come un calzino e passato ai raggi X: con due archiviazioni finali.
Infatti non era vero niente. Furono -tecnicamente- calunnie, cioè accuse contro un innocente sapendolo tale. Tra i reati più odiosi. Che, però, venne scambiato per oro colato, secondo consolidata tradizione, causando danni seri ai protagonisti. Danni che ora un giudice civile ha quantificato in cinquantamila euro (più spese di giustizia), mentre altri giudici stanno procedendo sul versante penale a Bologna e a Palermo, dove sono in corso analoghi processi. Alla fine dei quali la sentenza di oggi potrebbe dare una spinta decisiva, per aver messo nero su bianco il carattere calunniatorio del noto «dichiarante». Si tratta di una delle prime pronunce in Italia di accertamento in sede civile del reato di calunnia: ad ottenerlo in poco più di un anno dall’avvio del procedimento, sono stati gli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria (in sede penale, Piraino è difeso da Nino Caleca e Marcello Montalbano).
Il giudice Michele Ruvolo ha accolto gli argomenti dei civilisti, considerando centrale anche il ruolo giocato dai mass media. Piraino -si legge nella sentenza- «rimaneva schiacciato dal forte impatto mediatico suscitato dalla vicenda», con riferimento al livello di credibilità di cui godeva Ciancimino, indicando anche la principale agenzia di trasporti, il quotidiano la Repubblica, definito testualmente «quello che ha maggiormente veicolato le accuse» dall’effetto «denigratorio e destabilizzante».
Centrale, poi, la qualificazione della condotta di Ciancimino operata dal magistrato quando riflette che, per ottenere il risarcimento per il reato di calunnia, non sia sufficiente «l’inesistenza del fatto ascritto o comunque l’impossibilità di attribuirlo all’incolpato», ma è ulteriormente necessario che sia dimostrata «la consapevole certezza del denunciante in ordine alla innocenza del denunciato». Il tribunale ha riconosciuto l’elemento soggettivo del dolo e la piena consapevolezza di Ciancimino di accusare un innocente. E per quantificare il risarcimento del danno non patrimoniale ha valutato insieme la gravità delle accuse, il trasferimento ad altra sede della vittima, la diffusione mediatica e gli effetti sulla vita «degli stretti congiunti del Piraino, nonché dei suoi amici e colleghi», senza tralasciare la delicatezza delle funzioni ricoperte dall’agente dell’Aisi.
(dal quotidiano “Libero” del 22 marzo 2016)