Dal buco nero del caso Ises, la coop ebolitana per la cura dei disabili finita nell’occhio del ciclone perché priva delle autorizzazioni legali per operare con il servizio sanitario, emergono nuovi elementi.
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Parte dei quali confermano l’impianto “culturale” dell’inchiesta giornalistica che i nostri cinque lettori conoscono a menadito: e cioè che, al netto di quanto già raccontato sul sistema delle autorizzazioni e dei controlli – Asl, Distretto sanitario, ispettorati, forze dell’ordine, sindacali, politiche, rappresentative, di giustizia, etc.- si sia trattato di un’occasione per muovere quantità interessanti di danaro.
La notizia “nuova” sarebbe che l’Ises ha pagato circa quarantamila euro (precisamente 37.560,00) per una pratica di cambio di destinazione d’uso in sanatoria del proprio fabbricato, compreso un acconto di circa tremila euro per la redazione del certificato di agibilità dello stesso immobile.
La destinazione urbanistica e l’agibilità strutturale sono stati -e sono- per l’Ises il peccato originale mai sanato da alcun battesimo: l’immobile di piazza Pendino era per civili abitazioni e senza certificazione d’agibilità (nessuno ha messo per iscritto, cioè, che non potesse crollare) e tale è rimasto. Nonostante il cospicuo esborso operato dagli amministratori del tempo: una parcella da tremila euro (la n.7) il 25 settembre 2009; dopo un mese e mezzo (il 10 novembre, parcella n.9) altri dodicimila circa; il giorno successivo altri seimila euro e, per finire, a distanza di qualche settimana (il 3 dicembre) un altro pagamento di quasi diciannovemila euro (parcella n.13). Par di capire che quelle visionate da Cronache non siano neppure le uniche fatture in quanto un’operazione che normalmente costa non più di duemila euro in competenze professionali (parliamo di una Dia in sanatoria di un fabbricato) viaggerebbe attorno ai centomila euro. Se poi uno è Le Corbusier, questo è un altro discorso, ottenga o meno il risultato: che l’ex coop del Pd, transitata per un periodo nell’alveo di Fratelli d’Italia, non ha poi ottenuto. Centomila o quarantamila che siano, a naso sembrano troppi soldi. Che Cronache, però, in qualche modo immagina collegabili ad un circuito necessario al transito di somme imputabili ad altre partite. Ipotesi adombrata anche da alcuni tra gli inquirenti che, seppur a distanza di molto tempo, stanno analizzando carte e documenti. E’ una questione di relazioni correnti in quel tempo tra il progettista e la (vera) leadership gestionale del centro di riabilitazione, coincidente con quella politico-istituzionale, alcune propaggini della quale sono sopravvissute nell’attuale Cda. In fondo, una storia come tante che illustra buona parte delle ragioni per cui le cose sono andate a catafascio. Senza considerare l’indiretta conferma di quanto sinora scritto da questo giornale, rappresentata dalla prossima apertura a pochi chilometri da Eboli (Albanella) di un centro di riabilitazione, trasferitosi da Napoli, che con l’Ises avrebbe molto a che vedere. Anche in questo caso il comune ha concesso il cambio di destinazione d’uso di un ex opificio industriale di proprietà di un privato, eccetera. Figure intercambiabili, che compaiono siano nella documentazione dell’Ises che in quella del nuovo centro.
Tutto mentre si continua a parlar d’altro. Il nuovo amministratore di fatto dell’Ises ha sostenuto di recente in un’intervista che la destinazione urbanistica del nuovo fabbricato che ospiterà la cooperativa (il palazzo Fulgione e Merola sulla statale 19, già sede del tribunale) «seguirà» il centro anche se dovesse spostarsi in altri luoghi. Destinazione d’uso ad personam insomma, un modo come un altro per rifondare la scienza urbanistica. Raro esempio di dadaismo manageriale.
(dal quotidiano “Le Cronache” del 28 febbraio 2016)