Sedici milioni di euro finiti nelle tasche di primari che non servivano e dirigenti sanitari inutili perché in pianta organica i posti erano già occupati. E non da oggi. Finisce così l’ennesimo episodio della lunga, progressiva scoperta della voragine scavata nella contabilità della sanità campana: non l’unica ma certo tra le più rappresentative nel panorama delle amministrazioni pubbliche con qualcosa da farsi perdonare.
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La Corte dei Conti ieri ha emanato quarantanove provvedimenti di contestazione di danno erariale per altrettanti soggetti interessati dai benefici economici e di carriera qualificati contra legem. Si tratta di manager e dirigenti delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere (primari e vice) della Campania che, a cavallo del 2014 e del 2015, hanno rivestito incarichi professionali ed amministrativi al di fuori dei parametri individuati dalla legge: in particolare quella sulla cosiddetta spending review, che proprio sugli squilibri di questo sistema avrebbe dovuto mettere ordine bonificando i conti pubblici. Inutile dire che non tutte le ciambelle riescono col buco.
A dispetto delle imposizioni derivanti dalla legge d’intesa tra Stato e Regioni i dirigenti nominavano e «si nominavano» a piacimento, al di là di ogni ragionevole realpolitik. Si sarebbe giunti al punto, secondo quanto accertato dai nuclei investigativi della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e Nola, di procedere alla nomina di un primario per un reparto che più di un solo paziente non ospitava. Come a dire: ciò che conta sono i gradi sulle mostrine, non la disposizione delle truppe. E così, tra una nomina ed una promozione in piante organiche sature da tempo immemore, gli inquirenti hanno calcolato che nel periodo analizzato sono state circa duemila le operazioni “creative” degli amministratori delle aziende sanitarie, per un danno complessivo di circa sedici milioni di euro (precisamente 15.995.112,60). Che ora, in base ai calcoli effettuati dalla magistratura contabile, dovranno essere recuperati in danno dei rispettivi responsabili, ovviamente al termine dell’istruttoria previste dalla legge in casi come questo. Non sarà un percorso breve, anche per come si presenta intricata la selva delle nomine di primari e vice primari: reparti in fotocopia, unità operative duplicate, decine di funzioni concentrate in un unico plesso, con tratti anche molto stravaganti com’è il caso di Nola, con un primario ed un paziente, una media del cento per cento nel rapporto funzioni-posti letto. Negli anni 2014 e 2015 sono stati retribuiti 523 incarichi di primari (più di uno al giorno). Per dare qualche numero, le aziende ospedaliere universitarie regionali della Federico II, della Seconda università di Napoli e dell’Irccs Pascale hanno accumulato in pochissimo tempo un danno pari a 5.025.230,20 euro.
La storia è venuta alla luce perché i finanzieri si erano accorti di alcune spese anomale nelle quali s’erano imbattuti per caso: di qui la ricostruzione di tutto il sistema grazie alla radiografia approfondita delle piante organiche delle aziende sanitarie. Gli inquirenti hanno compreso cosa fosse avvenuto, tra l’altro proprio nel periodo di massima discussione pubblica sugli sprechi di stato (2014/2015): le nomine, apparentemente in ordine sul piano formale, avvenivano violando la normativa, determinando così un danno nelle casse dell’erario. Le misure di ieri sono volte anche al blocco degli eventuali emolumenti ancora da versare.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a margine di un incontro a Federmanager a Roma, commentando l’operazione della Finanza di Napoli, ha dichiarato: «I controlli vanno fatti e le norme vanno rispettate; quando non sono rispettate alla fine si incorre in sanzioni. Sarà utile la nuova norma di istituzione di un Albo nazionale dei manager».
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 6 febbraio 2016)