Intertrade si porta dietro la Camera di Commercio. Guido Arzano, presidente della più importante istituzione economica territoriale, raccontano sia a un passo dall’uscio. Rimugina sulle dimissioni, tenta di far quadrare il cerchio buttandola in ‘politica’, indugia con allargamenti eventuali di maggioranze, peraltro già abortiti: il che sarebbe anche fisiologico, il punto è che di margini per scansarsi la rogna delle aziende speciali collassate (non solo per il quadro normativo generale) non sembrano essercene troppi. Almeno non più. Sottovalutare il problema non è servito, tutt’altro.
E poi, pezzi che hanno co-gestito negli anni partite decisive (formazione professionale, associazionismo auto-alimentato, incarichi a giro in enti, società e fondazioni del circuito, etc.) a cominciare dalla stessa Intertrade, o sono già in libera uscita oppure su sponde contrapposte a quelle che puntellano ancora il regno “del centrodestra” in Camera di Commercio. Che sarebbe poi, la prosecuzione dei precedenti con altri nomi e un po’ meno soldi. Senza immaginare cosa accadrebbe aprendo il dossier aeroporto di Pontecagnano, corpaccione sfamato per un numero indefinito di anni con un altrettanto indefinito numero di risorse pubbliche. Con esito e prospettive noti.
Se Arzano si dimetta o meno, in verità, conta relativamente perché il pasticcio dell’azienda speciale sta lievitando nella pancia del suo genitore, la Cciaa, e non lo si può più arrestare. Come uscirsene, ora che il tribolato bilancio della società dovrà essere incamerato dalla Camera di Commercio per la relativa, successiva approvazione? Filtra voce che la giunta stia pensando -su proposta di quell’area della struttura amministrativa di vertice poco coincidente col sistema imperniato per anni attorno all’ex direttore Innocenzo Orlando– ad un’azione di responsabilità nei confronti del Cda e della direzione. I presupposti giuridici ci sarebbero pure, si tratta ora di fare una scelta ‘politica’, con le immancabili conseguenze sugli equilibri generali. Di qui, il teorico raddoppio delle probabilità che le dimissioni di Arzano si materializzino. Un importante dirigente della Cciaa si sarebbe già mosso in questa direzione dopo aver letto a fondo la famosa due diligence dell’azienda speciale (e, pare, dopo essersi imbufalito apprendendo da Cronache del mutuo di ottobre 2014 da mezzo milione con Montepaschi Siena), cioè la relazione della commissione ispettiva interna: che ne racconta di ogni tipo, dai buchi veri e presunti nelle casse alle immancabili consulenze, dalle retribuzioni sproporzionate al costo dei lavoratori dipendenti, e via dicendo. Una due diligence impietosa, che i nostri cinque lettori potrebbero risparmiarsi tanta sarebbe la sovrapponibilità di questa interminabile inchiesta con la sostanza di quell’indagine.
Uno scenario complesso dunque, su cui aleggia lo spettro della Corte dei Conti, investita di un dettagliato esposto di un avvocato romano che ha lavorato a lungo in Intertrade, una denuncia articolata che rende tutti, comprensibilmente, nervosi perché i numeri che non tornano sono a sei zeri ed avranno, prima o poi, facce e nomi precisi al di là quelli intuitivamente raffigurabili. Aggiungici poi l’altra indiscrezione su un fascicolo aperto dalla procura, il clima politico mutato, i nodi finanziari al pettine, un ex direttore dato già al riparo in Germania ed ecco che parlare di dimensione pulp all’interno della Cciaa di Salerno, oggi non sarebbe tanto azzardato.
LA TASSAZIONE ‘CREATIVA’ E UNA LOBBY CHE C’E’ E SI VEDE
Il problema non è soltanto il meccanismo delle anticipazioni a gogò della Cciaa a Intertrade : io ti dò del danaro ma non ti chiedo niente in cambio, tu pensa ad internazionalizzare le imprese (abbiamo visto come), i soldi, magari, non restituirmeli neppure perché sono “attività istituzionali” ma, se proprio devi, poi si vedrà. Passa un giorno, ne passano due, alla fine ti trovi con un buco in pancia con parecchi zeri da sistemare. E chi sistema? Fin qui ci hanno pensato i contributi annuali versati dalle imprese alla Cciaa. Ma, soprattutto, chi controlla? I revisori del conto? A giudicare dalle visure delle nomine sembra che alla presidenza del collegio di Intertrade ci sia la stessa persona dal 2000: 15 anni in quel posto, per conto del Ministero dell’Economia, come hanno consentito di leggere i dati contabili, i crediti eternamente attivi che in bilancio segnano sempre “+” e non “-” come legge e buon senso suggerirebbero? Intertrade è il paradigma locale del guaio delle aziende speciali in Italia: altrove vi hanno messo mano, in altri posti hanno fatto peggio, così come esistono veri e propri gioiellini a disposizione delle imprese e delle comunità (com’era nelle attese della società salernitana). Ancora: qualcuno ha mai visto un’azienda speciale per la internazionalizzazione delle imprese che debba render conto al fisco solo dell’1,7% di quanto introitato da certe partite? Va da sè che, al di là delle legittime acrobazie interpretative per delibere e determine (il 10 aprile scorso, ad esempio, c’è stata la n.122 che, motivando creativamente, versa a Intertrade altri 400mila euro) non sia immaginabile. Ires & C. quindi si versano solo su quella percentuale? E l’altro 98,30 che fine fa? Dubbi al riguardo che, se tradotti in numeri, quel buco nel bilancio lo potrebbero perfino aggravare. Sono tempi dominati dalla stupidità per azzardi linguistici di un’ordinaria libertà di espressione ma uno dei motori di tanta schizofrenia gestionale, costata già diversi milioni al pubblico erario, risiederebbe anche in una micro-lobby relazionale personalissima, che ha innervato il circuito grazie al favore di pesanti, antichi vertici della struttura camerale, impastati in ciò per venture private. Nulla di eccezionale o di scandaloso: solo un fatto oggettivo, con caratteristiche proprie. Molto riconoscibili. A volte nefaste. (pierre)
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Le Cronache” del 17 giugno 2015)