OmissisCrescent: il dissequestro che fa verdi (di rabbia) ambientalisti, comitati e firmatari di manifesti

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Ieri mattina il governatore De Luca ha sarcasticamente apostrofato i giornalisti accalcati in tribunale a Salerno. Era in avvio il processo d’appello per il termovalorizzatore mai realizzato, dov’è già stato condannato ad un anno per abuso d’ufficio: avrebbe nominato, in veste di commissario di governo al tempo della monnezza a tre piani in strada, una figura sconosciuta all’ordinamento giuridico, il «project manager». La procura ha rilanciato, chiedendone l’aggravio per peculato. Si vedrà.

 
«Quanta attenzione verso di me -ha sghignazzato dinanzi a microfoni e taccuini- mi fate sentire come Brad Pitt». Chissà come si sarà sentito invece il giorno precedente quando, da un’altra aula dello stesso tribunale, è giunto il dissequestro del cantiere del “Crescent”, il palazzo progettato dall’archistar spagnola Ricardo Bofil, affacciato sul mare di Santa Teresa, circondato da orribili palazzi anni 50 e 70, là dove prima c’era una sorta di Scampia salernitana tra baracche, droga, buio, contrabbando, prostituzione, lamiere, spazzatura e sparatorie.

I giudici hanno sentenziato, in cambio di adeguamenti amministrativi e il pagamento di alcuni oneri di urbanizzazione in capo all’azienda appaltatrice (la “Crescent srl” del gruppo Rainone) la ripresa dei lavori. Un’intricata selva di codici e codicilli, carte, perizie, stime, misurazioni, ricorsi e controricorsi per oltre due anni di stop: e dopo aver realizzato quasi integralmente l’opera, con l’impresa stritolata dal blocco forzoso e circa duecento famiglie di operai e maestranze a spasso in attesa che i magistrati facessero luce sulle doglianze manifestate da un paio di comitati locali (No Crescent e Italia Nostra) e, soprattutto, da una nutrita pattuglia di cinquanta intellettuali italiani, turbati dall’onnipresente «ecomostro». Per non dire della militanza anti-Crescent 24 ore su 24 degli adepti locali di Grillo, che esprimono perfino qualche rappresentanza parlamentare. Quel che è certo è che il governatore abbia esclamato con la consueta ironia: «Ho cercato disperatamente tra le pagine dei quotidiani nazionali ma non ho trovato traccia di questa notizia». Si riferiva al dissequestro. Ecco, vediamo se con Libero sarà soddisfatto. 

La «goduria» deluchiana è rimbalzata alle stelle ricordando il maggio del 2014, quando si ebbe notizia dell’appello sottoscritto addirittura da Giuliana Sgrena. Anche la giornalista del Manifesto liberata da Berlusconi ai tempi del rapimento in Iraq, come Marco Travaglio, Salvatore Settis, Franco Arminio, Eva Cantarella, l’immancabile Alex Zanotelli, Fulco Pratesi, Andrea Purgatori, Andrea Pinketts ed altri, si sentiva «inquieta» per la presenza della mezzaluna progettata dal catalano che tanto piace a Vittorio Sgarbi.

Scrissero un accorato testo, al grido proto-grillino di “Legalità”, spingendosi fino alla tutela dei valori costituzionali. I giudici li avranno delusi, almeno stavolta. Cosa pensi il periclitante governatore degli intellettuali è noto: ma c’è chi pagherebbe oro per un commento ad hoc su quelli impegnati in questa storia del cantiere che «rovinerebbe il paesaggio». Il paesaggio? Fortuna che c’è Google.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 16 gennaio 2016)

Peppe Rinaldi

Giornalista

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