Se dovesse andare proprio come ha annunciato il nuovo governatore, Enzo De Luca, la Campania potrebbe beneficiare di un condono edilizio. Da quando il Consiglio regionale, nel periodo del lungo e magnifico regno di Antonio Bassolino, varò una legge regionale che vanificò quella nazionale fatta approvare dal governo di centrodestra dell’epoca, facendo della Campania l’unica regione italiana esclusa dal beneficio, e al netto delle posizioni della Consulta sulla disputa, ecco che si rimaterializza lo spettro della sanatoria, eterno incubo di ambientalisti e forze così dette di sinistra. Con l’inesorabile corollario.
Lo ha dichiarato in maniera inequivoca l’ex sceriffo di Salerno alla radio, con il consueto tratto estetico che tanta fortuna sembra gli stia tributando, seppur sul solo piano elettorale: «Ci sono da noi 80mila costruzioni abusive» -ha detto De Luca ai microfoni del programma 24Mattina di Radio24– «Chi li può demolire? Avete forse le cave per portare il materiale di risulta? Bisogna essere pratici». Si tratta ora di capirsi sul significato di “pratici” ove mai il presidente della giunta regionale portasse a termine il progetto.
Per l’«impresentabile» che ha vinto le elezioni dieci giorni fa le cose vanno distinte, dice: nessuna sanatoria per chi ha commesso abusi in aree vincolate («Se costruisci a Ravello, nessun condono»); idem se l’abusivo ha già un’altra abitazione (le seconde case, per intenderci) e, ancora, nessuna sanatoria per gli abusi nelle zone a rischio per l’incolumità pubblica («Se costruisci sul greto di un fiume sarai demolito» specifica De Luca). La piaga dell’abusivismo in Campania è materia vecchia, a tratti “abusata”.
L’imbarazzo che una scelta del genere potrebbe creare nel Pd non è affare da sottovalutare: il partito di Renzi, rottamatori compresi, di quest’argomento ha sempre fatto un cavallo di battaglia. Almeno teorico. Ora un suo esponente di punta, reduce da una direzione nazionale a Roma dell’altra sera in cui ha dato ampio sostegno alla linea del segretario, rischia di aprire un nuovo fronte interno di scontro.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 giugno 2015)