OmissisToglie il crocifisso dalla classe: prof sospeso per un mese

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Era convinto che la laicità della scuola consistesse nel cancellare i simboli religiosi dall’orizzonte degli studenti. Ne era convinto, il professor Franco Coppoli da Terni. A farne le spese è stato il più diffuso tra i simboli nella comunità italiana, il Gesù crocefisso, che il docente dell’istituto per geometri “Sangallo” di Terni ha ritenuto laicamente corretto smontare dalla parete. Pensava così il prof Coppoli, non da oggi per la verità, finché l’ha fatto una seconda volta: la prima avvenne in un’altra scuola, sempre a Terni, e finì con 12 giorni di sospensione. Un’altra impedì un controllo antidroga in aula ai carabinieri perché «senza mandato di un giudice».

 


Anche in questa è scattata la naturale reazione dei suoi superiori gerarchici: un mese di sospensione dall’insegnamento e -soprattutto- dallo stipendio. Il provveditore umbro Domenico Peruzzo, non ha esitato a farlo sapendo di andare incontro alle proteste di chi sposa la linea culturale del docente di storia ed italiano che amava coprire i crocifissi con una copia della Costituzione. I Cobas, infatti, parlano di «metodi da inquisizione».

 

La notizia l’hanno diffusa con una nota: «Nel nostro paese nel 2015 è ancora vietato rivendicare la separazione tra stato e chiesa e chiedere spazi educativi inclusivi senza simboli religiosi. Continua la crociata integralista, discriminatoria e diseducativa, di quelli che pretendono di imporre la connotazione religiosa delle aule scolastiche della scuola pubblica, nonostante non esista alcuna legge o regolamento che impongano la presenza del crocefisso nelle aule delle scuole superiori». Poi spazio alla parola magica di questi anni, “discriminazione”: «…un grave atteggiamento intimidatorio ed discriminatorio. Le aule della scuola pubblica sono piene di colori e di mondo, di ragazze, ragazzi e docenti credenti, atei o agnostici e di tante religioni diverse, ed è inaccettabile che un solo simbolo abbia il privilegio di essere esposto sulla testa degli insegnanti in una posizione di massima rilevanza simbolica e non saranno le sanzioni disciplinari ad arrestare questa battaglia di civiltà».
Dall’ufficio scolastico regionale parlano invece di «violazione dei doveri connessi alla posizione lavorativa cui deve essere improntata l’azione e la condotta di un docente»

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 3 aprile 2015)

Peppe Rinaldi

Giornalista

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