PORTICI (NA)- Il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra. Qualche mese dopo, Mussolini firma un decreto con cui vengono istituiti i primi 43 campi di internamento per «sudditi nemici». In realtà ai campi furono destinati i soggetti ritenuti «pericolosi nelle contingenze belliche»: gli antifascisti, gli zingari e gli ebrei italiani.
Per i campi di internamento furono scelti edifici abbandonati o non utilizzati (monasteri, fabbriche dismesse, scuole) situati in luoghi impervi, con scarsa densità abitativa. Dovevano essere lontani da zone militari e dai porti, dalle strade importanti e dalle linee ferroviarie, dagli aeroporti e dalle fabbriche di armamenti.
Per la maggior parte erano collocati nel Centro-sud: Abruzzo, Molise e Marche ospitavano quasi la metà dei campi; gli altri si trovavano in Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Alcuni erano esclusivamente femminili,altri maschili.
Si trattava di campi di concentramento ben diversi dai lager nazisti.. Nel corso dei tre anni, a Campagna morirono solo due internati, forse di tifo, e furono sepolti nel cimitero cittadino con rito funebre celebrato da due rabbini. Fra i prigionieri c’erano molti medici ebrei che curarono gli abitanti del luogo, nonostante fosse proibito dal fascismo. Fu allestita una biblioteca, una squadra di calcio che giocava periodicamente con squadre esterne e un bollettino degli internati. Questo reciproco aiuto consolidò i rapporti tra prigionieri e campagnesi e salvò i primi dalla rappresaglia nazifasciste all’indomani dell’8 settembre 1943.
Di questo e dei luoghi della memoria si parlerà nel terzo appuntamento del Progetto “1943-2015: la memoria non va in vacanza”. L’incontro si svolgerà il 3 marzo, alle ore 10.30, nell’aula Magna dell’ Istituto Orazio Flacco di Portici.
“La cultura della memoria – Il caso di Campagna: storie di sopravvissuti”. Ne discutono: Stefania Zuliani, Anna Skall, Francesco Soverina. A moderare l’incontro sarà Francesco Maria Lucrezi.