OmissisCentro sanitario abusivo: scena muta di un vice prefetto

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Eboli Municipio

Tra i cinque lettori di Cronache ci sarà qualcuno che abbia avuto a che fare con la pubblica amministrazione. Un’autorizzazione, un permesso, una certificazione obbligatoria, una commissione che deve valutare una domanda, un progetto, la planimetria di un’attività commerciale, un laboratorio, le autorizzazioni sanitarie, il timbro, il bollo, la firma. Insomma, qualcuno che sappia cosa sia l’infernale macchina burocratica, quanta vita succhi alle persone e quante risorse alle imprese, da qualche parte esisterà, come saprà anche dei guai che ne discendono.

 

 

Per non dire di cosa accada e che meccanismi scattino quando in ballo ci sia il pubblico danaro: arcigni controllori alternati a parassiti del fine mese pronti a mandarti sul lastrico per una virgola fuori posto, per ignoranza crassa, per un documento che non si trova, un abito da lavoro non conforme alla direttiva Ue, una macchia di caffè sulla piastrella. E dell’impietosità degli organi di controllo e repressione, sperimentata da migliaia di soggetti pubblici e privati a volte vanamente, ne vogliamo parlare? 

Bene. In provincia di Salerno, precisamente ad Eboli (nella foto la casa comunale) tutto questo non avviene. E’ il Paradiso forse? Chissà, probabilmente sì, del resto come si potrebbe chiamare un posto dove da circa quattro anni (da quando è scoppiato il caso) viene platealmente violata ogni norma possibile, dalla più ininfluente e barocca alla più rigorosa e sacrosanta e senza che accada nulla? Parliamo della vicenda Ises, il centro sanitario per disabili che sempre gli stessi cinque lettori di cui sopra (e solo loro, a tutti gli altri sembrerebbe negato il diritto a saperne di più) conoscono a menadito.
E’ fuori legge e macina circa 4 milioni di euro all’anno (da anni) ma nessuno se ne frega. Tanta distrazione induce a pensare che in uno dei comuni più estesi d’Italia, in una città di circa 40mila abitanti, l’ordinamento giuridico non sia stato recepito. Tra i poteri dello stato o, in generale, tra i soggetti della funzione pubblica, non se n’è intravisto uno che sia uno che abbia esercitato il ‘mandato’ (per il quale è pagato e che, in altri casi, avrà pur esercitato). Com’è possibile tutto questo se, ad esempio, al salumiere che ha dimenticato scampoli di mortadella sul piano dell’affettatrice, viene ordinata la chiusura per «gravi carenze igienico-sanitarie» accompagnata da verbali da svenimento? Non c’è altra spiegazione: la legge non esiste. Punto. Nessuno scandalo, basta saperlo.

A riprova del paradosso c’è questa circostanza: il commissario prefettizio, Vincenza Filippi, ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Anche qui nessuno scandalo, si ha tutto il diritto di non rispondere alle domande, non è inscritta in nessuna tavola l’obbligatorietà della replica al giornalista. Il quale, più che raccontarla la faccenda, non può. Poi valuta il lettore. Il vice prefetto avrà avuto le sue buone ragioni. Quel che è certo è che le domande le sono state consegnate, siano state lette e che un ragionevole arco di tempo sia trascorso senza riscontro. L’ufficio stampa del comune, informato passo passo, ha funzionato più che correttamente ma la decisione, si sa, non è di sua competenza.
C’è sempre tempo. Per ora c’è il silenzio.

Ecco la trascrizione della mail inviata il 24 gennaio. Non c’è altro da aggiungere. 
«Egregio commissario, innanzitutto grazie. Immagino sia a conoscenza della vicenda che riguarda il centro Ises. Se di recente non sono intervenuti elementi nuovi che ne hanno modificato la sostanza, si tratta ancora di una struttura fuori legge, senza i minimi requisiti strutturali, tecnici, amministrativi, burocratici, legali, statutari (legislazione cooperativistica), finanziari, etc. necessari non solo per poter operare ma per essere addirittura in esercizio.  
Le risparmio le indagini giudiziarie. Nonostante ciò e nonostante la cosa fosse risaputa da tutti gli organi di controllo, l’Asl ha continuato ad erogare milioni di euro pubblici che, tra l’altro, non si perita troppo di verificare che fine abbiano fatto. All’esito di una cervellotica e sospetta gestione della vicenda, l’Asl si è vista costretta a bloccare le rimesse. La pendenza al Tar è, poi, una barzelletta: ma questo, forse, lo sa anche lei. L’ultimo documento ufficiale consultato è la relazione Asl con cui si invitava il Comune di Eboli alla chiusura del centro: perché non lo chiude, anche indipendentemente dalla “sollecitazione”? E se il palazzo crollasse (come sa, non ha l’agibilità)? La normativa non è rispettata, è fatto noto ed ufficiale: perché allora continua a restare in esercizio mentre altre imprese, di qualsiasi natura, devono subire le forche caudine di risibili cavilli?
Ci sono casi analoghi in Campania e non solo, di centri chiusi immediatamente perché -per dire- le planimetrie non erano sovrapposte per pochi cm -si veda, su tutte, la vicenda comica della clinica Malzoni di Avellino- ma intanto vengono chiusi senza pietà. In questo caso il fatto che sia ancora aperto rappresenta quasi una flagranza di reato quotidiana. La legge, ad Eboli, è uguale per tutti o no? Secondo fonti accreditate, sembra poi che nel centro sia stata di nuovo attivata la mensa. Le risulta? Se si, qual è stato l’iter autorizzativo e come è stato possibile armonizzarlo con la situazione pregressa? Se, invece, dovesse emergere che la cosa è ‘irregolare’, come intenderà procedere? Per finire e per capirci: l’argomento dei posti di lavoro da salvare o quello della continuità assistenziale da garantire non sembra reggere, in ogni caso non risolve lo squilibrio pesante tra analoghi casi e, soprattutto, non cancella il vulnus gravissimo di un diverso trattamento dinanzi alla legge Grazie».

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache” del 31 gennaio 2015)

 

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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