OmissisNapoli, epidemia di «paraculosi» colpisce duecento spazzini contemporaneamente

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Più che la carica dei 101 verrebbe da parafrasare a vanvera parlando della «discarica dei 200»: tanti sono stati i dipendenti di Asìa, azienda speciale per i rifiuti di Napoli, ammalatisi in contemporanea tra il 30 e il 31 dicembre e tale è tornata ad essere la sostanza della terza città d’Italia -una discarica- per effetto della conclamata epidemia. E così scarti di babà e baccalà, cozze e capitoni, vongole, vermicelli e struffoli hanno allietato l’esordio d’anno di napoletani e malcapitati turisti speranzosi di godersi qualche frammento magico di un’ex capitale.

 

 

Duecento certificati medici piovuti uno dopo l’altro sul tavolo del presidente dell’azienda pubblica, quel Raffaele Del Giudice figlio integrale della lobby di Legambiente che, tra una protesta e un picchetto, un volantinaggio e un dibattito alla “Rete Rifiuti Zero”, oggi siede al vertice di un corpaccione con 2200 impiegati mantenuti da tutti noi. «Abbiamo già disposto immediate verifiche, va considerato però il picco di freddo delle ultime ore e l’età media dei dipendenti del servizio di raccolta rifiuti che si aggira attorno ai 58 anni» ha detto Del Giudice al Mattino: vero, resta da capire se altrove, dove pure si sono registrate temperature siberiane, sia accaduta una cosa almeno analoga. Dal momento che non risulta (vigili romani a parte) si suppone che qualcosa non quadri. Basti dire che perfino la Cgil, attraverso il segretario regionale Franco Tavella, ha tenuto a precisare che dalle loro parti non si faranno sconti ai fannulloni. «Se saranno accertate responsabilità» premette il leader sindacale, evidentemente ignorando il dato statistico elementare che il dieci per cento della forza lavoro, in assenza di pandemie da vibrione del colera, è «in sé» una responsabilità.

Lo spettacolo della vigilia di Capodanno per le strade di Napoli e nel primo giorno di gennaio era un (relativo) amarcord dell’età spensierata del centrosinistra bassoliniano: sacchetti ovunque, in bella mostra, normalmente con poca spazzatura differenziata all’interno (la famosa rivoluzione arancione con percentuali da record immaginarie dell’attuale primo cittadino…), misti alle cianfrusaglie e agli scampoli di botti piovuti da migliaia di finestre allo scoccar della mezzanotte. In queste ore la situazione sta tornando alla normalità, concetto invero sempre elastico se si applichi a Napoli, versante smaltimento immondizia. E’ così da almeno vent’anni, si vedrà. Intanto i quasi sessantenni netturbini di Asìa, la cui composizione e provenienza rappresenterà un serio problema per chi voglia andare a fondo della questione, hanno sfoltito i ranghi di 200 unità nel momento di massima urgenza, causando un danno ad una città che di fronti aperti più seri e complicati ne avrebbe da vendere. Stipendi e tredicesime, però, risultano già incassati. Il dimezzamento del servizio di tre notti fa poteva essere garantito solo da numeri alti nel complesso del sistema azionato: 200 malati nello stesso momento significa che ci sono stati almeno altrettanti medici ad aver messo nero su bianco una cosa che non sta molto in piedi, la filiera è facile da risalire, mentre dall’Asìa ribadiscono che le procedure di verifica sono scattate fulmineamente: la qual cosa indicherebbe a sua volta che altri 200 incaricati dell’Inps abbiano controllato con rituale visita fiscale. E’ sostenibile anche questo? Si capirà.

Strade sporche, olezzi e cumuli di rifiuti spesso incendiati, a causa di 200 persone inseguite da misteriosi batteri influenzali, comicità speculare alle assemblee sindacali di Pompei: tutto al netto delle fisiologiche battute d’arresto di fine anno, il tempo inclemente, la neve in un impianto e qualche altra cosuccia che non cancella la beffa della tassa municipale più salata d’Italia. Per 50 mq di casa si pagano quasi 500 euro: e 200 termometri sotto l’ascella si muovono in associazione.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 3 gennaio 2015)

 

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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