Previsione azzeccata: il 5 novembre Cronache scrisse che l’Asl di Salerno (foto) nel proporre alla Regione Campania la non accreditabilità della cooperativa Ises di Eboli presso il Ssr, avrebbe emesso atti formali tali da garantire un ampio margine di successo -seppur temporaneo- una volta impugnati dinanzi al Tar dai destinatari dei provvedimenti stessi. Anzi, quegli atti (le delibere 1018 e 1019 del 28 ottobre 2014) si immaginava fossero stati preconfezionati per dare alla struttura l’ennesima scialuppa per continuare ad operare al di fuori delle regole. E della legge. Vale a dire, offrendo la speranza di continuare a succhiare indebitamente circa 4milioni di euro all’anno dalle casse pubbliche. Le cose sono andate come immaginato e il perché possiamo prefigurarlo, benché sia di tutta evidenza che si tratta di una questione che solo la magistratura penale potrà dirimere. Si vedrà.
Per il momento resta un divertito compiacimento per il pronostico azzeccato: l’Asl avrebbe fatto delibere tarocche, l’Ises le avrebbe impugnate dinanzi al Tar, che le avrebbe poi sospese e nessuno si sarebbe presa la responsabilità di chiudere (come invece sarebbe obbligatorio) la struttura e chissà che nel frattempo succeda qualcos’altro, siamo in Italia, qui tutto è possibile.
Nella serata del 27 novembre, infatti, viene estratto il biglietto vincente. La II sezione del Tar di Salerno (presidente Esposito, Sabbato e Fedullo consiglieri) accoglie l’istanza cautelare dell’Ises, sospende alcune delibere e fissa per maggio 2015 la discussione nel merito. Così come avevamo anticipato, il Tar si è dovuto occupare di una cosa che poco ha a che vedere con i problemi veri dell’Ises, che sono seri, strutturali, di antica origine, macchiati da un gigantesco giro di danaro e di interessi, anche politici, oltre che dai profili tecnici insormontabili: almeno finché si rimane in quel posto e con quella dirigenza.
In pratica, il dottor Mario Rosario Capone, capo della commissione sanitaria incaricata di verificare i requisiti di questi centri, e il Dg Asl Antonio Squillante, all’esito di un andirivieni di ispezioni e sopralluoghi oltre ogni decenza, hanno scritto che l’impedimento per l’Ises era rappresentato dal fatto che nello stabile vi abiti una famiglia “normale”. Che, guarda caso, viene presentata ai giudici come la famiglia dei «custodi» (qualche appostamento di carte che provino a legittimare anche questo falso non ci vuole molto a produrlo) mentre pure le pietre sanno che si tratta di gente che vive là da sempre. Capone e Squillante mica hanno detto alla Regione ciò che sanno perfettamente e che alcuni uffici della stessa Asl hanno messo nero su bianco più volte, vale a dire che l’Ises non può -e non avrebbe mai potuto, invero- lavorare col servizio sanitario regionale perché carente di tutto (agibilità strutturale dell’edificio -nessuno garantisce che non crolli- destinazione d’uso e urbanistica, barriere architettoniche, sicurezza sul posto di lavoro, dei lavoratori e dei pazienti, pianta organica sproporzionata rispetto alla normativa, regime cooperativistico in crisi, rapporti col Mise non chiariti, attività antisindacale, vie di fuga, piano antincendio con relative scale e area di raggruppamento, igiene e tenuta della struttura, opacità dei bilanci, regolarità fiscale e contributiva, utilizzo in generale del danaro pubblico, promiscuità eccessiva ecc.) bensì che la cosa non si può fare perché ci abitano estranei.
Il Tar ha dato così ragione all’Ises sul punto (l’unico!) facendo un passaggio che conferma le ipotesi sin qui rincorse: «Non sono adeguatamente specificate le ragioni per le quali la presenza dell’appartamento all’interno della struttura sarebbe incompatibile con l’esercizio dell’attività sanitaria». Ora, al di là del fatto che il Tar ha indirettamente detto che l’Asl non è stata capace di difendere le proprie ragioni (l’avvocato stavolta era Marcello Feola, ex assessore provinciale), quell’affermazione pesa perché incentra la discussione su un «dettaglio», lasciando fuori e intatti i veri problemi. Ora la situazione, al di là delle scemenze diffuse a man bassa nelle scorse ore, sarebbe questa: il Tar non ha solo sospeso le delibere ma ha pure detto che se l’Ises vuole altri soldi (“i profili patrimoniali esulano dalla competenza del giudice amministrativo”) deve chiederli, eventualmente, al giudice civile ordinario: in sostanza, un nodo che forse sarà sciolto quando nessuno dei presenti ci sarà più, a partire da chi ora scrive. Quindi, le rimesse restano bloccate, i pazienti non vengono più mandati finché il quadro non si chiarirà e chissà cos’altro è in arrivo. Per ora, le cose sono andate come anticipato: la qual cosa pone seri interrogativi sul perché un’Asl decida di sfidare così platealmente la legge, la magistratura, per non dire la decenza.
Intanto la Regione ha chiuso il cerchio e pubblicato l’elenco ufficiale dei centri accreditati: ovviamente dell’Ises non c’è traccia, come non c’è negli elenchi regionali delle strutture ammesse alla Cigs. A quanto pare si continuano a raccontare fesserie ed alimentare speranze: contenti i destinatari, contenti tutti.
Di “nuovo”, allo stato, c’è questo: il direttore generale Ises rocambolescamente imbarcato pochi mesi fa, l’ex sindaco di Albanella Capezzuto, si è dimesso d’improvviso: pare che la tensione sia alle stelle, la rottura sarebbe stata insanabile con i “capi” dell’Ises, la polemica non si farà attendere. Capezzuto, va ricordato, è stato revisore dei conti alla Provincia (prima era Fi e prima ancora Pd, versante Letta) ed è accreditato come figura vicina al manager Squillante. Nulla di illegale in sé, ovvio, solo che si tratta di tasselli interessanti per decifrare una storia che, in fondo, è una tipica storia italiana di corruzione, appropriazione di soldi pubblici, posti di lavoro, e via dicendo. Il tutto mentre all’orizzonte si profila un’altra tegola giudiziaria in capo a qualche dirigente del centro: un pm, peraltro già “sulla pratica” per altri profili, avrebbe chiesto il rinvio a giudizio di tre persone dell’Ises per reati ancora ignoti. Si capirà nelle prossime ore se l’indiscrezione sia fondata.
C’è un altro punto fondamentale: il commissario prefettizio di Eboli, Vincenza Filippi, potrebbe trovarsi in serie difficoltà da un momento all’altro. Nella furbetta delibera Asl di ottobre c’è scritto che gli uffici avrebbero richiesto più volte al comune, commissario compreso, di chiudere il centro per carenze strutturali (toh!). Al di là di quanto il giochetto sia a tratti comico, contiene un elemento di verità: se la Filippi non lo chiudesse opererebbe una omissione, una rogna che aggiunge caos al caos.
In sintesi: l’Ises non è stata accreditata; la sospensione della delibera non determina una accreditabilità automatica e quindi la Regione non può procedere all’accreditamento definitivo, sempre che l’Asl non scelga di adottare un’altra delibera inventandosi chissà cosa; l’ises potrebbe pure operare qualche altro mese ma corre il serio rischio (certezza, per la verità) di non essere remunerata per le prestazioni rese, giacché lo stesso Tar ha chiarito di non esprimersi sulla richiesta. Ed ora, chi vuole festeggiare festeggi.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano” del 30 novembre 2014)