«Ho ucciso più di 40 persone, chiedo perdono alla città, alle vittime e ai loro familiari». Messa così, la frase di Gaspare Spatuzza ripetuta dinanzi al miliardesimo collegio di magistrati costretto ad ascoltarlo, nel processo per la strage di via Palestro a Milano, ha un senso nella prospettiva cristiana dell’esistenza: dove, probabilmente, lo otterrà una volta “espletate le formalità di rito” si direbbe.
Qui, invece, parliamo di qualcosa che precede il fatidico momento della resa dei conti dinanzi a Dio o chi si creda ne abbia il posto. Perché l’ormai ex killer di mafia non solo sta giocando la partita remissiva del peccato tra coscienza e religione, ma pure con quello stesso Stato italiano capace di inscenare un patafisico processo per la ‘trattativa” con la mafia e, contemporaneamente, «trattare» con un esercito di criminali, assassini seriali e deviati mentali vari accollandosene perfino le spese familiari.
Spatuzza è tra questi, non il peggiore né il migliore: di certo tra i più sanguinari, al servizio di cosche guidate da padrini veri (un tempo) come i fratelli Graviano, clan situato pochi gradini sotto i Riina e i Provenzano. Poi, di sé, fece innamorare i tre quarti della stampa con la schiena dritta che, a furia di guardarlo con occhi umidi, ingenerò grande curiosità nei media internazionali per via della ricorrente patacca del Berlusconi&Dell’Utri impastati di Cosa Nostra.
Nel corso del suo intervento nel processo a Filippo Marcello Tutino, considerato il basista per la strage milanese del luglio del 1993, Spatuzza dice: «I morti di via Palestro furono incidenti di percorso, puntavamo alle opere e non alle persone». Poi offre la base teorica del pentimento: «Ho partecipato a cose mostruose, abbiamo venduto l’anima a Satana. Ora mi sto liberando dal male iniziando un percorso di ravvedimento». E queste sono sempre buone notizie, a prescindere.
C’è però chi la vede un po’ diversamente, come l’associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili, che definisce «ondivago e contradditorio» il racconto di Spatuzza. Ondivago? Contraddittorio? E’ il pentitismo all’italiana, merce unica al mondo. Se si considera, ad esempio, che ad Eboli, in provincia di Salerno, un camorrista -tra gli altri- reo confesso di “appena” 8 omicidi efferati, circola liberamente, incontra chi gli pare e non è in galera come lo stesso Spatuzza. Ha perfino un’attività commerciale in pieno centro.
E nessuno dica che lo Stato ‘tratta’ con la mafia.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” dell’1 ottobre 2014)