ARCHIVIODanaro pubblico: la coop fuori legge e il doppio gioco dell’Asl

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C’è un’area del Paese dove la legge non è uguale per tutti. Dove le regole esistono ma dove rispettarle, poi, è un altro paio di maniche. Questo luogo è la provincia di Salerno, almeno per quanto di competenza dell’Asl: tra le più grandi d’Italia, con un nuovo e decente corso avviato dopo lo sconquasso della gestione targata centrosinistra ma con sacche di anarchia altrove irrintracciabili. 

L’occasione per tanto azzardo ce la offre ancora una volta il caso dell’Ises (foto in alto) la famosa coop che si occupa di disabili, esempio forse unico di «scioltezza» nel rispetto della legge. Al di là delle note ufficiali che menano il can per l’aia, c’è da segnalare che ancora ieri mattina, per la centomilionesima volta, l’Ises ha ricevuto la «visita» dell’Asl. I cinque/sei inflessibili commissari nominati dal manager Antonio Squillante (foto in basso a sinistra) per sistemare la faccenda complessiva degli accreditamenti definitivi di questi centri (c’è un piccolo particolare: i termini per farlo sono scaduti da un annetto quasi) guidati dal dottor Mario Rosario Capone (foto in basso a destra)  pare siano arrivati a metà mattina a bordo di un’auto di servizio. Questa commissione sarebbe entrata nella struttura per disabili con cancelli alle finestre, barriere architettoniche imbarazzanti e rischiando pure che caschi tutto in testa vista l’impossibilità di certificarne l’agibilità strutturale (non c’è, non può e non potrà esserci, salvo ulteriori magheggi) eccetera, per 

Squillante Antonio Aslprendere atto che dinanzi ad una porta ci fosse la scritta “Custode”. Si, perché il privato che convive da sempre nel centro (e cosa hanno controllato finora i mille controllori prima di sganciare tanto danaro visto che una cosa del genere non è legale e non lo è mai stata?) gomito a gomito con pazienti e lavoratori, non solo è proprietario dell’appartamento in questione ma, sembra, pure di un altro dato in fitto all’Ises stesso in cui si svolgerebbero le attività. Una volta il canone era di circa 6mila euro annui, oggi, a seguito dei rocamboleschi tentativi di mettere a posto le carte potrebbe pure esser cambiato: sta di fatto che l’escamotage del portierato pare sia stato al centro di una serrata trattativa per sanare l’insanabile. 

Ci saranno riusciti? Teoricamente no, perché l’Ises dovrebbe essere letteralmente sigillato da un pezzo visto che percepisce danaro senza titolo: il punto è che, come si diceva, qui ci sarebbe garanzia di extraterritorialità. Basti pensare al surreale andirivieni di carte, commissioni, verifiche, riunioni, progetti, lettere, raccomandate, studiatissimo sistema che celerebbe un trucco sottostante abbastanza classico. Questo: ho provato a salvarti fingendo un errore informatico quando ti ho inserito nella lista dei centri accreditati, poi ci hanno “sgamati” e ho dovuto fare marcia indietro. Non mi è stato possibile far finta di niente e quindi, da un lato ti sospendo le prestazioni, non ti mando più i pazienti e quindi, formalmente, avvio una procedura -per quanto “fantasiosa”- di chiusura; dall’altro, però, non ti dico con certezza che non sei accreditato (è l’Asl che propone e la Regione ratifica) perché a pochi giorni dalla scadenza finale vera per gli accreditamenti definitivi (il 31 ottobre) tu ufficialmente non lo sai, o almeno lo sai a metà, l’importante è che tu abbia lo spazio giuridico-formale successivo per fare ricorsi amministrativi vari confidando (non è improbabile) che dall’ingarbuglio se ne traggano altri vantaggi.

Come si giustifica sennò che l’unica struttura in provincia di Salerno la cui delibera di accreditamento (negativa o positiva che fosse) non è stata ancora pubblicata sull’Albo pretorio sia proprio questa? Nel frattempo continuiamo i balletti con le commissioni, facciamo trapelare che «ben 18 prescrizioni dell’Asl» siano state soddisfatte -tanto c’è sempre chi se la beve- mandiamo in gita ogni tanto la commissione e il ping pong continua finché continua. Capone Mario Rosario aslSenza dire, ancora, che potendo contare su sindacati imbelli, una politica stracciona e su tutori dell’ordine spesso distratti, vado pure a farmi un giro in prefettura, rischiando di inguaiare prefetti e prefettesse che si trovano a legittimare cose strane: come consentire, ad esempio, che alle riunioni partecipino dipendenti del ministero della sanità incompatibili con la tutela di interessi di strutture in rapporti con il ministero stesso. Intanto, mal che vada io ti preparo un bell’accreditamento provvisorio, diciamo di almeno sei mesi: avrai ed avremo tutto il tempo di inventarci qualcosa. Ecco cos’altro starebbe circolando in queste ore, nulla è da escludere. Una volta ‘sfangata’ la magistratura (almeno non quella che «dove ci sono posti di lavoro meglio non metterci mano») il dado sarà tratto. E’ tutto lì.

Ieri, per finire, s’è consumata l’ennesima commedia: Cgil Cisl e Uil (sindacalisti provinciali presenti Angelo Di Giacomo, Antonio De Sio, Raffaele Albano) hanno fatto un’altra riunione nel centro ebolitano. Il verbale è surreale, sembra un cartone animato: al netto delle solite rivendicazioni salariali, delle preoccupazioni per lo stato di crisi dell’Ises («dovuta anche all’esosità delle banche» sic!) delle preoccupazioni per il costo del personale (si starebbe per procedere alla falcidia dei dipendenti) ed un’altra serie di cose, d’improvviso arriva la ciliegina sulla torta. Il dottor Giuseppe Capezzuto, nuovo direttore generale (?) e gli altri del Cda propongono ai sindacati la cassa integrazione in deroga. Proprio così, è venuta fuori questa chicca che, inutile dirlo, ove mai passasse (e a questo punto non ci si meraviglierebbe) implicherebbe l’automatica commissione di un reato vero e proprio: la truffa in danno dello stato. Quantomeno tentata. La Cig si chiede in presenza di crisi vere, congiunturali o strutturali, certificate, dovute a mille indicatori economici, c’è una normativa ampia in materia. Non riguarda questa coop, che ha altri tipi di problemi, insormontabili e che non possono essere ragione di cassa integrazione. Cioè l’Ises, allo stato, risulta un ente sanitario privato senza requisiti per l’accreditamento istituzionale: dall’ottobre 2013, data in cui i nuclei di verifica dell’Asl dovevano completare i controlli, la situazione è immutata. Richiedere quindi ai coraggiosi sindacalisti un parere sulla Cig in deroga configura una fattispecie diversa, non siamo in presenza di una crisi temporanea o risolvibile per il tramite di un piano industriale. Anche comprimendo l’organico attuale, se l’ente non ottiene l’accreditamento è destinato a chiudere. Il nuovo Dg avrebbe quindi letto ai sindacati una relazione sullo stato di fatto dell’azienda, celando -a quanto s’è saputo- le riscossioni recenti (tra i 2 e i 3 milioni di euro, sconosciuti ai bilanci, tra l’altro) relative all’applicazione di sentenze del tribunale di Salerno.

Indiscrezione dell’ultim’ora: pare che alcuni lavoratori abbiano avviato una raccolta di firme per chiedere al comune una struttura pubblica per salvare pazienti e lavoratori. Sarebbe l’unica strada da percorrere. Al netto dell’accertamento delle responsabilità e della conseguente restituzione di quanto indebitamente percepito. Un gran casino, si direbbe.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano” del 16 ottobre 2014)

Redazione Eolopress

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