ARCHIVIOL’agente: “Chi critica provi a stare al nostro posto”

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Bonsignore Gregorio

«Se catapulti un giovane carabiniere, magari fresco di corso e senza addestramento specifico, in una realtà complicata come Napoli può accadere ciò che è successo al povero Davide e pure altro». Sono le parole del disincanto e dell’esperienza: dirette, chiare ed autenticate da anni di militanza ‘on the road’ -ma non solo- di Gregorio Bonsignore (foto) segretario regionale per la Campania del Siap, il sindacato di Polizia che rappresenta dalle reclute ai dirigenti, coprendo un po’ tutta la gamma dei poliziotti. 

 

Sono giorni difficili, con uno sciopero alle porte e con i fatti del rione Traiano a scandire i ritmi della pubblica opinione. E’ capitato con un carabiniere, poteva essere un poliziotto, un finanziere o altro  la sostanza non cambia.

«Non cambia, ha ragione lei. C’è un enorme problema di formazione: da 25 anni sono in Polizia, l’aggiornamento capita di rado e male, i protocolli che, ad esempio, dovrei rispettare io risalgono ad allora».

Sta dicendo che le forze dell’ordine non sono preparate?

«No, dico che l’addestramento è insufficiente, specie per casi come quello dell’altra notte a Napoli».

Città che lei conosce bene…

«Direi di sì, non è neppure la più pericolosa: Roma e Milano, per certi aspetti, stanno molto peggio»

Che idea s’è fatto di quanto avvenuto?

«Come si dice in questi casi, i fatti saranno accertati. Premesso l’enorme dispiacere per vittima e familiari, segnalo che in genere non spariamo contro qualcuno neppure se armato: non sono io né il regolamento sindacale a stabilirlo, è la legge che fissa in casi di legittima difesa. Bisogna andarci cauti con le certezze».

Ma lì pare sia stato colpito alle spalle

«Io questo non lo so e non posso saperlo. So però cosa può succedere a notte fonda, quando ti trovi uno scooter con tre persone a bordo nel rione Traiano o altrove, che non si ferma all’alt. Specie se stai già cercando qualcuno. Lì in tanti girano armati, è la verità».

Cosa può succedere?

«Se non hai esperienza, capacità di controllo dell’adrenalina che scorre impazzita in certi momenti, la tragedia può attenderti dietro l’angolo»

A lei è mai capitata una situazione così?

«Certo, non una sola. Nel 2002, a Napoli, intervenni con un collega mentre un musulmano, con in tasca sette mutande da donna, il Corano e un paio di coltelli, stava sferrando la 120esima coltellata ad un cittadino: riuscii a mantenermi relativamente lucido sparando alle gambe, rimediando però un paio di fendenti alla gola ma salvando la vita al malcapitato».

Questo per dire cosa?

«Che può anche succedere che a un ragazzo di 22 anni, al quale sarà stato senz’altro raccomandato di indossare il giubbotto antiproiettile e di diffidare sempre di chiunque appaia ‘strano’, specie di notte, si irrigidisca la mano o il dito sul grilletto e che l’adrenalina gli annebbi la vista non facendogli capire più niente. Provateci voi a vivere attimi così».

Ma a questo serve l’addestramento, no?

«Appunto, figuriamoci quando è carente. La responsabilità è dei governi via via succedutisi negli ultimi 15 anni, nessuno escluso».

Ma ha visto il bailamme mediatico che ne è scaturito a Napoli?

«Certo che sì, ripeto, massimo rispetto per le vittime e per chi è stato ingiustamente danneggiato: quel che mi preoccupa è la dimensione “culturale” che ne deriva»

Intende dire?

«Che, ad esempio, una cosa sono i fatti della caserma Diaz e un’altra il fattaccio di Carlo Giuliani: ce ne passa a rappresentare quel poveraccio come un eroe, i nostri colleghi hanno sbagliato e hanno pagato, nessuno li chiama eroi».

Discorso chiarissimo. La nostra sicurezza dunque è in mani sbagliate?

«Dico che la sicurezza pubblica dipende da due variabili, purtroppo: il caso e il soggetto, cioè dall’imponderabile (per tutti) e da che tipo di soggetto in quel momento si trova sul campo».

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 7 settembre 2014)

 

Redazione Eolopress

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