Se dovessimo star dietro all’umore, che di questi tempi ha un nome composto – social network– i responsabili della morte di Salvatore Giordano sarebbe stati già lapidati in pubblica piazza. Perché non c’è solo il fato a spiegare lo scenario di uno sfortunato 14enne di Marano che, un sabato di inizio luglio, ‘sbarca’ in città con gli amici salvo ritrovarsi colpito in testa da un cornicione della galleria Umberto, rimanendone ferito. A morte, tra l’altro, perché alle 13 di ieri il suo cuore ha ceduto e poco importa che si sia condiviso per tutto il giorno che il decesso è stato causato da un ‘arresto cardiaco’, l’effetto che diventa causa.
Non c’è solo il fato, si diceva, c’è pure qualcuno in carne ed ossa che un giorno ne dovrà rispondere. Nelle famose sedi opportune. E qui sta il problema, subito successivo alle lacrime e alla disperazione.
Per Angelo Pisani, avvocato della famiglia Giordano, ci sono due livelli di responsabilità. Spiega:«C’è una responsabilità politica per la mancanza di sicurezza in generale e ci sono responsabilità giudiziarie che saranno accertate dalla magistratura (che sta procedendo ora per omicidio colposo, prima della morte si indagava per lesioni colpose, ndr). Gli enti pubblici sono tenuti a intervenire in danno dei privati che non provvedono alla manutenzione e dopo a rivalersi su di loro». E questo è ciò che la legge dice. Ora, proviamo ad immaginare cosa ciò significhi in Italia, al sud, a Napoli in particolare: c’è un solo individuo sano di mente che creda che questa storia si chiuderà in tempi normali, che saranno individuati i responsabili con assoluta certezza provvedendo pure alla loro punizione e al conseguente risarcimento agli aventi diritto? Presumibilmente no. E cos’è che non funziona al punto da moltiplicare la tragedia se si pensa agli anni che scorreranno? Va da sé: il sistema giudiziario, il macigno più grande in questi e in milioni di casi analoghi. Poi c’è il colore, la lotta politica, le dichiarazioni incrociate, il balletto delle responsabilità.
De Magistris, uno che nella sua prima vita (che ha generato la seconda) avrebbe già inviato decine di informazioni di garanzia (che a breve arriveranno a lui) e sarebbe stato invitato in tv da Santoro a dire che non lo lasciano lavorare, soggettivamente non c’entra nulla. Oggettivamente c’entra tutto. Va detto che il sindaco è stato vicinissimo alla famiglia del ragazzino (il che gli fa onore) disertando incontri e conferenze varie di cui c’è sempre abbondanza.
«l sindaco proclama, per il giorno delle esequie del piccolo Salvatore, il lutto cittadino, interpretando in tal modo i sentimenti di tutta la città, così profondamente scossa da questa immane e inaccettabile tragedia. Il sindaco ha disposto, da subito, di abbassare a mezz’asta, in segno di lutto, le bandiere di palazzo San Giacomo e di via Verdi»: è il testo della nota diffusa ieri dall’amministrazione. Gianni Lettieri, leader del centrodestra, pure aveva auspicato il lutto («Ora è il momento del lutto, poi punire i responsabili») e nella stessa Marano, città di Salvatore, succederà lo stesso. Molto dipenderà dall’autopsia disposta dai magistrati. La salma infatti è stata trasferita già al Policlinico dal Loreto Mare. La disperazione della famiglia è indescrivibile («Mio figlio non c’è più» piangeva ieri la madre) come le lacrime degli amici di Salvatore sparse tra Facebook e l’ingresso dell’ospedale.
La prima difficoltà vera sarà l’individuazione dei proprietari delle porzioni cedute di galleria. La parcellizzazione delle quote, la stratificazione pluridecennale con relativi cambi di intestazione, l’incrocio dei diritti reali privati con quelli pubblici e con l’universo delle ‘competenze’, insomma il ginepraio tipicamente italiano, saranno lo sfondo. Il che è tutto un programma.
De Magistris non potrà però sottrarsi alla sua di quota, piaccia o no la più grande: è il massimo responsabile di ogni cosa, compresa questa, anche perché le polemiche sui decibel -ad esempio- dei gruppi alternative rock esibenti in galleria, già alcuni mesi fa furono al centro di polemiche a causa delle prime crepe nei muri. Questo il sindaco lo sa bene. Ma ora fa politica. E gli tocca offrire il petto.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 luglio 2014)