ARCHIVIOLa girandola italiana, dove i buoni diventano cattivi e viceversa: ultime dalla Calabria

admin29/06/2014
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Canale Rosy Zappala Santi 2

«La barba non fa il filosofo» scriveva Plutarco nel II secolo, per dire che l’apparenza inganna. Torna alla mente questo aforisma dell’antichità dinanzi a un “doppio” avvenimento delle ultime ore: un’icona antimafia finisce sotto processo per ruberie e truffe varie e un uomo politico, prima ricoperto di fango e manette perché ritenuto contiguo alla ‘ndrangheta, è restituito a qualcosa che si avvicina alla normalità. 

Benvenuti in Italia, nazione specialista in diavolerie di questo tipo, dove i buoni possono diventare cattivi e i cattivi diventare buoni: almeno fino al prossimo giro, niente è per sempre. Soprattutto in queste cose.

Parliamo di Rosy Canale (foto a sinistra) e Santi Zappalà (foto a destra) autoctoni della Calabria, terra baciata da Dio ma spesso insultata dagli uomini, mafiosi e antimafiosi professionali, due facce delle stessa “dittatura”. Come in Campania, Sicilia, ovunque.
La signora è stata rinviata a giudizio dal tribunale di Reggio Calabria con le accuse di peculato, truffa e malversazione. Era la leader del “Movimento donne di San Luca (dal nome del paesino sull’Aspromonte celebre per la faida tra due clan e quattro famiglie, i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, all’origine della strage di Duisburg in Germania).

Ora, sempre in virtù del fatto che la barba non fa il filosofo, mentre la Dda indagava sugli affari di quelle cosche, avrebbe scoperto che l’avvenente donna-impegnata-per-i-diritti-delle-donne-in-terra-di-mafia, con il danaro ricevuto dagli enti pubblici per finanziare la sua nobile attività, ci pagava abiti firmati, spese per casa ed altre voluttà. E, perciò, fu pure ammanettata. In una celebre intercettazione, si ricorda una voce mentre esclamava un eloquente e para-mussoliniano «Me ne fotto» riferito all’utilizzo privato dei soldi pubblici. Così pensa l’accusa, si farà ora il processo per capire se e quanto sia vero. Di certo la cosa colpisce se si considera che il buono s’è fatto d’incanto cattivo. Come il sindaco di San Luca che, pare, sostenesse la meritoria opera della “donna antimafia”: Sebastiano Giorgi, ultimo primo cittadino del paesino sciolto -inutile dirlo- per infiltrazioni mafiose 14 mesi fa, fu arrestato con accuse più pesanti di Canale, pure lui ora andrà a giudizio.

Il cattivo che invece si è (sarebbe) fatto buono è un medico, ex consigliere regionale del Pdl, si chiama Santi Zappalà. Nel 2010, tra squilli di tromba e i soliti battimani mediatici, fu arrestato per corruzione elettorale aggravata dalla finalità mafiosa. Chiese voti proprio ai Pelle di San Luca, c’erano prove anche video: lo fece non solo per sé ma pure per favorire le cosche. A seguire, un sequestro sfociato in confisca di beni per 14 milioni di euro, oltre a due anni di pena, pure già espiata. Risultato? La Cassazione, l’altro giorno, ha reso meno brutto il cattivo annullando la confisca e cancellando l’accusa di «finalità mafiosa». Cioè la ’ndrangheta non c’entrava. Eppure era stato “narrato” come un cattivissimo. 
Ora si ricomincia, tutto torna in Corte d’Appello, naturalmente in una sezione diversa da quella di prima. E chissà che non diventi ancor più cattivo. Come la Canale sarà, forse, buonissima di nuovo.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 29 giugno 2014)

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