ARCHIVIOLo Stato li minaccia, gli ultrà si ritirano

admin07/05/2014
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Genny a carogna

L’aria era pesante ieri sera a Napoli, ma ad un San Paolo che sembrava prossimo all’apocalisse e ad una città col fiato sospeso per quel che poteva succedere, si è sostituita l’atmosfera rarefatta degli eserciti in assetto di guerra quando attendono un segnale dall’alto per scatenare l’inferno. Che, grazie a Dio, non c’è stato, anche se la sensazione che si fosse fatto tutto il possibile per favorirlo continuava a serpeggiare tra i tifosi e le stesse forze dell’ordine.

 

La maglietta con la stampa “Speziale libero” indossata da almeno diecimila tifosi napoletani (per tutto il giorno l’ipotesi è stata che fossero addirittura 30mila a farlo) per non lasciar solo «Genny ‘a carogna» e, soprattutto, per ribadire identità e contrapposizione alla luce della tragedia di sabato scorso a Roma, è stata l’icona della potenziale battaglia: se ne parlava sin dal mattino, anzi già da lunedì l’idea viaggiava sottotraccia, e man mano che le voci si rincorrevano, il guanto di sfida -lanciato non si sa bene da chi- si faceva più concreto. Ad un tratto si dava per scontato quasi che la curva partenopea avrebbe incendiato il mondo, specie quando è esplosa la notizia del Daspo a Gennaro De Tommaso, la «carogna» a capo di quei “Mastiff” capaci di riempire cronaca, storia e leggenda contemporaneamente: spesso dalla parte del torto. Poi le cose hanno preso un’altra piega, le consultazioni interne ai gruppi di tifosi si facevano febbrili, si è rasentata la frattura tra chi, intransigente, voleva «fargliela vedere» e chi, al contrario, ne immaginava le conseguenze. Saggiamente.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, l’uomo più detestato al momento, aveva appena dichiarato alle agenzie che «in riferimento alle notizie che rileverebbero come possibile che alcuni tifosi possano indossare questa sera durante la partita Napoli-Cagliari, la maglietta con su scritto “Speziale libero” o altre scritte di contenuto simile, si precisa che coloro che la indosseranno saranno sanzionati, dopo essere stati individuati, e saranno sottoposti a Daspo». Come lava espulsa dal Vesuvio, scoppiava la rabbia, non solo tra l’ala oltranzista del tifo. Il minimo che sentivi sulla bocca dei napoletani -ma anche di chi napoletano non è- era un «ma questi sono impazziti, un Daspo a poche ore dalla partita dopo che il nostro Ciro sta per lasciarci le penne?». Dice a Libero un tifoso di quelli riflessivi che conosce a menadito le dinamiche dei gruppi organizzati nel golfo di Napoli: «Speriamo che prima di stasera riusciamo a trovare un punto di equilibrio, io la T-shirt la indosserei ma mi rendo conto del rischio e delle conseguenze. Sta di fatto che Alfano è un c….e non so chi l’abbia consigliato: cosa succedeva se avesse aspettato domattina (oggi, ndr) per fare il Daspo? Assolutamente niente». Appunto, cosa succedeva, si chiedevano in strada e nelle case i tanti napoletani divisi tra la «gioia» del successo sportivo e la rabbia per il macello che si profilava all’orizzonte? In alcuni ambiti si registravano pure forti perplessità da parte delle stesse forze dell’ordine per la decisione assunta dai vertici dell’ordine pubblico italiano. Non va neppure escluso che qualcuno abbia potuto fare il «pari e il dispari» (come si dice in Campania quando si valutano pro e contra di una questione) e decidere di evitarsi rogne con una presenza triplicata di forze dell’ordine anche nei prossimi giorni.

Fortuna che, almeno fino a quando l’arbitro non ha fischiato l’inizio della partita con il Cagliari, di “Speziale libero” stampato sul nero delle magliette non c’è stata traccia, almeno non visibile nel momento in cui Libero è andato in stampa. Segno che ha prevalso la ragione, in un certo senso e al di là del merito tecnico dei provvedimenti punitivi adottati dal Viminale la faccia dura opposta alla curva ha fatto registrare un successo sul quale nessuno era disposto a scommettere un euro. Invece è andata così, somme, meriti e demeriti si tireranno a partire da oggi. 

Il Napoli, intanto, guidato dal capitano Hamsik ha fatto ingresso sul terreno di gioco 20 minuti prima dell’inizio del match per mostrare al pubblico la Coppa Italia conquistata contro la Fiorentina. Nelle curve non sono stati esposti striscioni, tranne uno nella “B” con la scritta «Siamo tutti Ciro Esposito, fratello non mollare». Il giro della squadra che mostra la coppa è stato accolto con manifestazioni di gioia dai tifosi, anche quelli della curva A, il feudo di Genny ‘a carogna, ovviamente assente dalla scena. L’unico elemento «minaccioso» è stata la dichiarazione di guerra permanente ai romanisti: «Romanista bastardo» urlavano le curve, segno di tempi duri a venire tra le due tifoserie. C’è chi ha urlato spingendosi oltre: «Con loro è finita per sempre». Si vedrà.

Il resto è una sfilza di dichiarazioni, dai sindacati di polizia che plaudivano al Daspo sottolineando la validità della linea della fermezza, agli uomini della politica che, in varie forme, accompagnavano la scelta di questura romana e ministero dell’interno di fare la faccia -almeno apparentemente- feroce.
Le ragioni alla base del Daspo, lo scavalcamento della recinzione ad esempio, hanno tenuto banco tra le discussioni di un’intera città. Molti si chiedevano: «Ma non l’hanno invitato loro a scendere sul campo?». Misteri d’Italia. Carogna o non carogna.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 7 maggio 2014)

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