L’ultima volta che dalla Calabria si è ipotizzato di società segrete, massonerie e associazioni varie, tutte rigidamente «deviate» secondo un certo codice letterario, non è andata molto bene: era la procura di Catanzaro con l’allora pm De Magistris che, da una mail casualmente scoperta, si spinse fino a San Marino ed oltre, coinvolgendo una serie indeterminata di persone, dal premier Prodi in giù. Ora è la procura di Reggio Calabria a lasciar adombrare l’ingresso sulla scena dell’inchiesta “Breakfast” la possibilità che nel fosco trittico «Scajola-Matacena-Rizzo», almeno per come è stato sin qui rappresentato, trovi spazio un’ organizzazione stabile e permanente che affianchi la ‘ndrangheta per il conseguimento di obiettivi criminali.
Intanto, Chiara Rizzo, moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena (i due insieme nella foto in alto) è stata interrogata dagli inquirenti francesi dopo l’arresto dell’altro giorno a Nizza mentre era in viaggio verso Roma da dove, successivamente, intendeva prendere il primo aereo utile per Reggio Calabria. In pratica stava per consegnarsi alla magistratura che, a quanto pare, ha preferito anticipare l’incontro ammanettandola subito. Secondo la Dda calabrese la Rizzo è l’anello di congiunzione tra gli affari del marito latitante -deve scontare 5 anni per concorso esterno in mafia- e una serie di società gestite da prestanomi. L’accusa, va ricordato, non è anche di favoreggiamento del coniuge (i familiari stretti infatti sono esclusi quando «coprono» latitanti) bensì di «procurata inosservanza di una sentenza di condanna» che è altra cosa sul piano giuridico. «Fatemi tornare in Italia», ha detto al giudice di Aix en Provence che la interrogava. Al termine la donna è stata trasferita nel carcere di Marsiglia in attesa dell’udienza per l’estradizione che dovrebbe tenersi domani. I giudici francesi, secondo quanto riferito da uno dei difensori, non avrebbero però ancora ricevuto la richiesta di estradizione né i documenti necessari per la decisione.
L’ex ministro dell’Interno e dello Sviluppo economico, rinchiuso nel carcere di Regina Coeli dal giorno del suo clamoroso arresto, raccontano legga tutti i giorni i quotidiani e guardi regolarmente tv e notiziari. Secondo quanto si apprende, è in una cella da solo e può usufruire pure dell’ora d’aria senza gli altri detenuti. Gli viene inoltre dato un vitto particolare per via di alcune specifiche condizioni di salute. Strettissima la sorveglianza, ogni 15 minuti un agente passa a controllare, ma non si tratta di una misura speciale bensì di una prassi applicata spesso nei primi giorni per prevenire il rischio di autolesionismo, molto alto in presenza di soggetti pubblici o persone su cui grava una forte pressione mediatica.
A proposito di vitto dell’ex ministro: ieri il sito Dagospia faceva deflagrare la notizia dell’ultima cena da uomo libero di Scajola con l’avvocatessa campana, l’ex fotomodella Rosa Criscuolo. I due sarebbero stati monitorati dagli uomini della Dia. Hanno tutti e due pernottato nel medesimo hotel di Roma seppur in stanze separate. L’indomani, ai poliziotti che le chiedevano cosa ci facesse a cena con Scajola, l’avvenente avvocatessa avrebbe seccamente replicato: «Io e Claudio siamo amici». La Criscuolo è stata per un periodo vicina al Pd, poi la scelta del Pdl e la vicinanza al gruppo dei «cosentiniani» della Campania.
Per tutta la giornata di ieri ha circolato con insistenza: poi, la notizia di un passaggio di danaro dalle tasche di Scajola a quelle di Amedeo Matacena (che, via Skype da Dubai, ha rilasciato lunghe dichiarazioni all’Ansa e, prima ancora, alla Rai calabrese elogiando, in particolare, le qualità della moglie oltre a negare l’intento di voler fuggire in Libano) attraverso un conto corrente acceso presso la Camera, si è infranta contro il muro della presa di posizione ufficiale: «Non risulta alcun conto corrente della Tesoreria della Camera con tali intestazioni» si legge in una nota diffusa da Monte Citorio. Lo stesso Matacena aveva infatti detto che si trattava, forse, di un conto su cui pagava l’assistenza sanitaria per sé e per la famiglia: «Ma è a zero da anni, basta fare l’estratto conto».
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 13 maggio 2014)