ARCHIVIOIl Tar contro Crocetta: nega i contributi alle associazioni di volontariato sgradite

admin21/05/2014
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Rosario Crocetta (nella foto da livesicilia.it) aveva provato a mettersi di traverso a pezzi di volontariato che concorrevano per aggiudicarsi le risorse della Regione Sicilia per l’assistenza socio sanitaria e per la tutela della famiglia: ma gli è (sarebbe) andata male perché il Tar di Palermo ha stracciato due delibere di giunta scrivendo, tra le altre, una frase “inquietante” sulla giunta che avrebbe «falsato le regole sottostanti al meccanismo di erogazione dei contributi».

 

In pratica, regole truccate per modificare il meccanismo di esborso dei soldi: non esattamente una faccenda minore, foriera di guai in futuro per la giunta della rivoluzione morale e dell’antimafia permanente (versione Ingroia) inebriata dall’epica della trattativa stato-mafia. Questa è la cornice dove si è consumata la lite tra il pittoresco governatore il Banco Alimentare e il Centro Padre Nostro.

Al centro circa 2,5 milioni di euro che la giunta aveva destinato per aree tematiche precise, tra l’altro predeterminate dalla legge. Ora, a bando pubblicato, avviso inoltrato e graduatoria ufficiale -con tutto ciò che queste circostanze comportano sotto il profilo della certezza del diritto e della pubblicità degli atti- il presidente pare abbia voluto cambiare le regole in corso: cioè, i soldi c’erano ed erano stanziati per la tutela della famiglia ed altre fasce deboli, tutto era a posto ma quando i contributi stavano per essere assegnati ecco spuntare un paio di delibere con relative modifiche (la 394 del 9/12/2013 e la 405 del 19/12/2013) che indicano il deficit emotivo-sensoriale (come i ciechi) tra i requisiti per l’ottenimento del finanziamento. In realtà -raccontano- si tratterebbe di uno sbarramento voluto in extremis per evitare che quei fondi andassero a finire ad associazioni non troppo gradite.

La Regione si è difesa sostenendo l’insindacabilità delle sue scelte, definendole politiche: in linea generale un principio giusto. Il punto è che prima dev’esserci per forza una legge che regola la materia. Il «poi» è arbitrio.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 21 maggio 2014)

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