ARCHIVIOPesa 200 kg, niente operazione: «Allora datemi l’eutanasia»

admin24/04/2014
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Pezone Gennaro

«C’è una struttura in grado di curarmi oppure no? Se non c’è datemi almeno la dolce morte». Sono le parole, tragiche e indicative di una situazione al limite, di Gennaro Pezone (foto)  ex funzionario regionale, salernitano di 63 anni, trenta dei quali passati a combattere contro una malattia diffusa e spesso sottovalutata: l’obesità.

 

Oggi pesa 200 chili, in passato è giunto a sfiorare i 300, numeri che danno l’idea del dramma in atto per una persona che non solo non riesce più a camminare perché il grasso cadente gli ingombra gli arti inferiori ma che, tra le altre cose, non sa come uscire da quest’Inferno. Non lo sa perché non ha ancora trovato una struttura in grado di intervenire chirurgicamente per salvargli la vita: è appesa ad un filo perché oltre alle presumibili disfunzioni causate dall’obesità, vi sarebbero patologie insorte successivamente che necessitano di interventi immediati. Bisogna fare in fretta, più il tempo passa e più il rischio mortale aumenta. Ma siamo in Italia, dove al dato più o meno eccezionale di un paziente del genere, si unisce il male per antonomasia: la burocrazia.

Gennaro Pezone supera, infatti, di circa 50 chili lo standard dei tavoli operatori, tarati per un massimo di 150. Il rischio che crolli tutto mentre è nelle mani di chirurghi e infermieri è concreto, ecco perché non si riesce a trovare un ospedale, una clinica, un ambulatorio o un qualsiasi altro posto che restituisca un minimo di vita dignitosa al salernitano poeta e «cantastorie della repubblica partenopea» come si presenta egli stesso nel suo sito internet. Il punto è che – e qui torniamo all’italica burocrazia- proprio quando sembrava che tutto potesse sbloccarsi, la clinica irpina che avrebbe potuto operarlo viene risucchiata nel vortice dei ricorsi al Tar, dei certificati di agibilità e del resto del campionario creato per mantenere gli eserciti del pubblico impiego. «Avrei dovuto essere ricoverato domattina (ieri per chi legge, ndr) ma sono le 21 e dalla clinica ancora nessun segnale. Ho una strana sensazione addosso. È la mia ultima spiaggia, oltre la quale c’è il nulla» dice in un lungo e commovente post su Fb, già moltiplicatosi su migliaia di bacheche. 

«Se non avrò notizie da Avellino – ha detto ieri al Corriere del Mezzogiorno che ha ripreso la storia- farò un estremo tentativo con una clinica di Roma, ci andai tanto tempo fa e allora l’intervento mi costò dieci milioni di lire». Poi, l’esasperazione che fotografa la realtà: «Denuncerò tutta la mia Odissea alla procura affinché individui le eventuali responsabilità per mancato pubblico servizio medico». In fondo Gennaro non è tanto lontano dal vero quando sospetta che la sua abbia tutti i crismi di una assistenza sanitaria negata. Un urologo si dice pronto ad intervenire per risolvere il «problemino» interno causato dall’obesità ma non saprebbe neppure dove effettuarla l’operazione.

Da Brescia sembra sia giunta una barella in grado di sopportare il peso dell’ex dirigente della Regione Campania ma Gennaro è stanco, sfiduciato, al punto da spingersi ad invocare l’eutanasia: «Non ce la faccio più, non voglio che chi mi ama non abbia futuro perché ho bisogno di assistenza tutto il giorno e non posso essere lasciato solo. Non posso permettere tutto questo, non voglio condizionare la mia famiglia né chi mi segue per affetto. Sono stanco, molto stanco, mi sento solo, abbandonato da questo Stato che ho servito per tanto tempo nel rispetto dei miei doveri. E quelle risposte che chiedo le ho ascoltate stando dall’altra parte della scrivania. Oggi non ho la scrivania e tanti sono diventati sordi. Ho ancora un po’ di speranza che mi rimane ma mentalmente sono già oltre, al concetto della dolce morte».

Sulla bacheca di Fb è gara di solidarietà. E di preghiera. In attesa di una buona notizia. 

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 24 aprile 2013)

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