Estorsione e illecita concorrenza con l’aggravante del metodo mafioso, più una seria di contestazioni in merito alla regolarità dei procedimenti amministrativi in materia di commercio di prodotti petroliferi. Con questo impianto di accuse è nuovamente finito in carcere Nicola Cosentino, alias «Nick ò ‘mericano» ex sottosegretario all’Economia nei governi Berlusconi ed ex leader del Pdl in Campania.
Con lui i fratelli Giovanni ed Antonio, oltre a figure minori della mala del casertano dal cognome altisonante, un po’ di Zagaria e un po’ di Schiavone, per intenderci. Ai domiciliari due dirigenti della Q8, Giovanni Adamiano e Bruno Sorrentino e un paio di tecnici comunali di Casal di Principe, patria dei cosiddetti «Cosentino’s». Indagato anche un ex prefetto di Caserta ed ex parlamentare del Pdl, Maria Elena Stasi. In tutto sono 13 le persone finite in manette.
Nelle oltre 350 pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Isabella Iaselli su richiesta dei pm della Dda di Napoli, sono descritte le diverse circostanze che hanno condotto alla retata.
Tutto sarebbe nato da una vicenda «privata»: tale Luigi Gallo, imprenditore ed ex socio di un soggetto in odor di camorra finito anche lui in galera ieri, nel 2002 stava per aprire un distributore di benzina a poca distanza da un terreno su cui anche la Aversana Petroli (l’azienda madre dei Cosentino) aveva progettato di aprirne un altro. Come spesso capita, la faccenda si ingarbuglia tra ricorsi, controricorsi, denunce incrociate, litigi, pressioni etc. Secondo i magistrati i Cosentino avrebbero esercitato il loro ascendente dalla triplice natura, politica (grazie a Nicola), economica (sono notoriamente una famiglia ricca) e mafiosa (grazie all’appartenenza di Nicola -peraltro finora solo contestata ma mai sancita definitivamente- al clan dei Casalesi e l’intervento nella vicenda di altri soggetti analoghi) al fine di impedire che Gallo aprisse l’attività. Di qui l’intimazione ad un sindaco di licenziare il tecnico comunale che aveva seguito l’iter autorizzativo per il distributore di Gallo, oltre ad una serie di minacce dirette ed indirette in suo danno operate dal gruppo facente capo all’ex deputato Pdl.
Lo schema dell’ordinanza è tipico: intercettazioni telefoniche (dalle quali, superate le suggestioni iniziali, non emergerebbe granché), ricostruzione storico-sociologica della genesi della camorra nel Casertano, dichiarazioni multiple di diversi «pentiti» già in prima linea in altri processi contro Cosentino, denuncia di Gallo presentata ai carabinieri di Caserta e alla procura di Napoli, e un ampio capitolo sull’attuale militanza politica di Nicola considerata elemento decisivo per far scattare le manette.
Vanno infine sottolineate due circostanze singolari: la querelle tra i «petrolieri» era già stata definita da un Tar e da un Consiglio di Stato in senso favorevole ai Cosentino; Giovanni Cosentino, fratello maggiore e capo dell’impresa, aveva anche denunciato Gallo alla procura ma la cosa si è ribaltata perché gli inquirenti hanno considerato quell’esposto strumentale al fine di assoggettare il concorrente.
Di camorristi che si rivolgono alla magistratura, però, non s’era mai sentito. Almeno finora.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 4 aprile 2014)