Che gran parte della stampa estera si abbeverasse al conformismo dei nostri media per leggere le vicende italiane lo si sapeva da tempo: la parabola di Silvio Berlusconi, tra le mille altre, è lì a dimostrarlo. Ma che si allineasse al professionismo antimafia perfino il New York Times, sancta sanctorum del giornalismo mondiale, non sembrava verosimile. Invece è perfino vero se si considera il titolo d’apertura del quotidiano della famiglia Sulzberger nell’edizione internazionale dell’altro ieri.
Con un’articolessa degna forse di miglior causa, Jim Yardely sulla prima dell’International New York Times (foto) si dilunga partendo da un titolo apparentemente standard, «Mafia tentacles amid european crisis» (I tentacoli della mafia all’interno della crisi europea), raccogliendo l’Abc delle cronache sul sistema mafioso italiano, oggi a rischio esportazione nel resto del vecchio continente. Scoperta tempestiva, si direbbe.
A corredo dell’articolo una foto in prima pagina del guru della militanza professionale antimafiosa, un Roberto Saviano con testa poggiata su dita adorne di anelli in pensoso rammarico, e prese di posizione dalle quali l’Italia ne esce ancora una volta con le ossa rotte. Il Nyt lancia l’allarme sulla penetrazione delle mafie grazie a montagne di danaro contante in tempi di crisi dell’ Ue dominata dall’austerità. Banale equazione mutuata dall’Abecedario di settore: il mob cash e la mob infiltration (il contante e le infiltrazioni mafiose) come le chiama il re dei quotidiani del pianeta, rappresenta la prima regola di base per le investigazioni sin dai tempi in cui le parole mafia-camorra-‘ndrangheta fecero le prime apparizioni. E giù tonnellate indirette di «letame» sull’Italia, in particolare sul nord, recitate con liturgia in stile Che tempo che fa: la ‘ndrangheta ha un sacco di soldi -dice Saviano – e non sa cosa farsene, al sud c’è la mafia militare che controlla il territorio, al nord la mafia economica che strangola la società. Dice il quotidiano che quando il guru ne parlò in tv Il Giornale del Cav fece una raccolta firme per dire che non era vero.
Non esattamente una foto credibile della realtà italiana ma queste cose, si sa, fanno presa sull’opinione pubblica internazionale che vive, nei rispettivi territori, analoghe situazioni, solo che da quelle parti i replicatori di fascicoli processuali ancora non definiti pagano dazio se la realtà risulta diversa dalle previsioni. In Italia funziona diversamente. A conforto di tutto ciò, Jim Yardley scomoda addirittura Peppe Lumia, deputato siciliano del Pd che dalla lotta (altrui) alla mafia ha tratto carriera e privilegi, particolare che sfugge spesso alle schiene dritte di rito anglosassone. E giù con le dichiarazioni su un Italia in ambasce e un Europa a rischio infezione di Enrico Fontana, direttore di Libera, o di Michele Riccardi, ricercatore di Transcrime, istituto di ricerca milanese. Infine dal sistema Italia il Nyt mutua un dettaglio centrale, con ampie dichiarazioni di Michele Prestipino, procuratore antimafia.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 17 aprile 2014)