ARCHIVIOManifattura e agroalimentare: le scommesse della Campania

alimenti 

La prima macroarea nel secondo paese europeo per ricchezza generata dal settore: basta questo a comprendere l’importanza del sistema agroalimentare per lo sviluppo del Mezzogiorno, dove l’incidenza del fatturato alimentare sul manifatturiero e’ del 25%, rispetto al 16% del dato nazionale. Ma, per mettere in atto le potenzialita’ del sistema, vanno migliorate la solidita’ imprenditoriale e la capacita’ di gestire relazioni positive.

 

E’ l’analisi contenuta nell’ultimo report di Srm, Studi sull’economia del Mezzogiorno e del Mediterraneo, partecipata del Gruppo Intesa Sanpaolo, che si concentrata sulle potenzialita’ del sistema agroalimentare per lo sviluppo del Mezzogiorno e della Campania.  

 

In tale contesto la Campania, con 6,5 milairdi di euro nel 2011, si posiziona al primo posto nel Mezzogiorno e al quinto posto in Italia, mentre il valore aggiunto e’ di 1,3 miliardi di euro, pari all’1,6% del valore aggiunto totale della regione e pari al 5,2% di quello nazionale. Le imprese attive sono 7.185, per un peso sul settore nazionale del 12%, pari al 2% del totale imprese della regione; di queste, le societa’ di capitale rappresentano il 25%, valore superiore al dato nazionale (21%, dato del 2013). In termini di scambi commerciali, la Campania si caratterizza per una minore dipendenza dall’estero di prodotti trasformati: saldo commerciale positivo (+750 milioni di euro) mentre quello nazionale e’ negativo (-678 milioni di euro). In particolare, le esportazioni nel terzo trimestre 2013 presentano un valore di 1,6 miliardi di euro, pari all’8% delle relative esportazioni nazionali, in crescita del 4,5% rispetto all’analogo periodo precedente. Le importazioni sono invece di 928 milioni di euro nel terzo trimestre del 2013, pari al 4,5% delle relative importazioni nazionali, con una variazione rispetto all’analogo periodo precedente di -2,3%. 

La Campania esporta in 174 paesi nel mondo (l’Italia in 207, quindi l’84%, mentre il Mezzogiorno in 188). In 20 paesi (11,5%) la Campania presenta una specializzazione maggiore del dato nazionale. La frutta e gli ortaggi lavorati sono i prodotti maggiormente rappresentativi, con un peso dell’export sull’industria alimentare di ben il 53,8% e con un saldo commerciale di 765,8 milioni di euro. “Il settore agroalimentare dimostra di possedere diversi elementi base per vincere la sfida della competitivita’”, dichiara il direttore generale di Srm Massimo Deandreis, indicando tra questi “la capacita’ nell’export”. “Tuttavia – aggiunge – la forza competitiva di un territorio si misura anche e soprattutto in termini di solidita’ imprenditoriale e nella capacita’ di gestire relazioni positive. Su questo punto si puo’ e si deve ancora migliorare. Inoltre c’e’ da lavorare per migliorare fattori strategici per il successo competitivo”.

Le buone performance vengono confermate dai dati dell’Osservatorio Srm sulle imprese, dai quali si evince che le imprese agroindustriali campane hanno resistito meglio alla congiuntura negativa, rispetto sia alle altre aree che al settore manifatturiero. Esse inoltre, presentano una piu’ alta quota di fatturato esportato ma emerge una minore attenzione agli investimenti, soprattutto quelli innovativi. La Campania si presenta come una terra di eccellenze: con 387 prodotti agroalimentari tradizionali, pari all’8% del totale Italia, si posiziona al primo posto nel Mezzogiorno ed al secondo posto nella classifica nazionale, dopo la Toscana con 463. Diverse sono le filiere che si sono sviluppate nel territorio. In particolare la filiera delle conserve, la filiera lattiero casearia, la filiera della pasta e la filiera dolciaria rappresentano circa l’80% del fatturato. Si aggiunge poi quella olivicola-olearia, del vino italiano e quella floricola.

Dei 44 distretti agro-alimentari italiani, 12 sono nel Mezzogiorno e 3 in Campania: caffe’ e pasta napoletana, conserve di Nocera, mozzarella di bufala campana. Le imprese del distretto agroalimentare campano pesano sull’Italia il 7% in termini di numerosita’ (23% su Mezzogiorno) ed il 6% in termini di fatturato (37% su Mezzogiorno). Il 54% dei distretti agroalimentari italiani (24) presenta un trend dell’export superiore alla media nazionale (+5,8% tra il terzo trimestre del 2012 e quello del 2013), nel Mezzogiorno l’83% mentre in Campania il 100%. Il valore dell’agroalimentare, e’ l’analisi di Srm, “va quindi oltre la qualita’ dei prodotti e la forza della sua filiera produttiva. Esso rappresenta, infatti, anche un fattore ‘moltiplicativo’ di ricchezza, generando un impatto economico direttamente nel proprio indotto attraverso la spesa alimentare e, indirettamente, negli altri settori mediante lo sviluppo della ‘Tac’.

 In particolare, in riferimento al suo impatto diretto, si stima che su 100 euro di spesa alimentare, 27 euro sono diretti ad altri settori per l’acquisizioni di prodotti e servizi offerti dalle imprese esterne alla filiera, ma facenti parte del suo indotto (ad esempio spese di mezzi tecnici agricoli, energia e utenze, packaging, trasporto e logistica, costi promozionali)”. “L’agroalimentare – prosegue l’analisi – puo’ inoltre contribuire a rafforzare un asset strategico per il Sud e per la Campania come il turismo. In Italia ad esempio per ogni presenza aggiuntiva il turismo enogastronomico genera 119,4 euro di Pil, valore superiore a quanto generato ad esempio dal turismo culturale (105,4 euro) e da quello balneare (483,8 euro)”
Adnkronos

 

Redazione Eolopress

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