ARCHIVIOSenza una gamba, quasi cieco e in galera: ennesima storia dall’Inferno-giustizia

admin02/01/2014
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Carcere detenuto solo sedutojpg

La gamba sinistra gli è stata amputata e anche la destra rischia di fare la stessa fine perché i vasi sanguigni sono ostruiti in diversi punti. Il cuore è malandato, la cecità è vicina e, per non farsi mancare nulla, pure la colecisti gli è stata asportata aggravando così il quadro di una salute governata da un diabete al massimo grado. 

Nonostante ciò, un medico e un magistrato di sorveglianza hanno considerato la sua situazione compatibile con la detenzione: tutto in una perizia consegnata ad un altro impiegato dello stato che -seppur togato- l’ha fatta propria per passare alla successiva pratica giacente da chissà quanto sulla scrivania. E così via, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.

Lui è il sessantenne Angelo Rosciano, di Polla (Salerno) e 15 anni fa si trovò invischiato in un’ordinaria storia di ricettazione: qualunque essa sia stata si presenta sempre sproporzionata rispetto alla tragedia che incarna. Adesso è nella nota struttura a 5 stelle chiamata Poggioreale, una delle cloache maxime della repubblica italiana con la costituzione più bella del mondo: sta lì perché di lui, al pari di altre migliaia, non frega niente a nessuno, eccezion fatta per la famiglia, i soliti Radicali, un avvocato sensibile e qualche sacerdote che lavora in sordina. Stanno tutti cercando di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni raccontando questa storia agghiacciante.

Poche ore prima di Natale, a Salerno c’è stata una conferenza stampa con il segretario locale dei Radicali, Donato Salzano, il consigliere regionale Barbirotti, l’avvocato Spadafora e la figlia di Rosciano, Carmela. Nella migliore delle ipotesi hanno incassato un paio di righe in cronaca. Eppure la sua è davvero una faccenda assurda, già a partire dall’inizio: da quando, cioè, le indagini per ricettazione per una storia di 15 anni prima, sono andate avanti senza alcuna garanzia difensiva (pare che manco sapesse cosa stava accadendo) fino alle manette scattate nell’aprile 2012. Conciato malissimo per via di quel diabete maledetto, viene rinchiuso nel carcere di Sala Consilina dove, obiettivamente, non può restare: chi è in quelle condizioni, in realtà, non potrebbe stare in nessun posto, salvo casa propria o un ospedale adeguato. Invece è compatibile con il carcere, anzi «si può curare anche in galera» scriveranno solerti dipendenti pubblici ben remunerati, così come l’avevano già scritto per i casi di Federico Perna ed Enzo Di Sarno (tutti e due crepati in cella). Che fare allora? Per «curarlo» lo mandano nientemeno che a Poggioreale, dove c’è un centro clinico che spesso fa rimpiangere le celle. Dopo, un colpo di fortuna e Rosciano ottiene i domiciliari, torna a casa, dove viene accudito senz’altro meglio. Senonché, durante la verifica periodica, spunta un altro genio che mette nero su bianco la compatibilità delle sue condizioni con il carcere. Via, di nuovo ingabbiato e trasferito ancora a Poggioreale. La via crucis riprende, per tutti, come prima e più di prima. E pensare che non aveva mai violato un obbligo, nessun problema di condotta -finanche i carabinieri ne scrivevano bene- i domiciliari gli spettavano e gli spettano ancora se si tiene conto di cosa la legge imponga. 

Ora la famiglia s’è rivolta a Napolitano e alla Cancellieri. L’attesa è febbrile. Speranze poche.

Peppe Rinaldi

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