ARCHIVIOLo «scippo» di Why Not e la teste chiave che palleggia procura e tribunale. Intanto a Salerno arriva Lembo al posto di Roberti

admin20/01/2014
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Tribunale Salerno

Le notizie sono due, apparentemente slegate ma intimamente connesse per gli sviluppi futuri. La prima è che il prossimo procuratore di Salerno sarà Corrado Lembo, attuale capo a Santa Maria Capua Vetere; l’altra è che un intero ufficio giudiziario – procura ordinaria e tribunale di Salerno- continua ad essere imbrigliato dalle «paturnie» di De Magistris, anche dopo le macerie lasciate in giro quando sembrò che i magistrati campani e quelli di Catanzaro stessero ammanettandosi a vicenda. Scene esilaranti e drammatiche al tempo stesso. Era il dicembre del 2008, sono cambiate tante cose ma non la sostanza dei fondamentali. 

 

Spieghiamo. Corrado Lembo (foto in basso a destra) magistrato d’esperienza (in particolare sulle deviazioni negli appalti pubblici, sulla Sa/Rc e sul giro dei videopoker illegali), espressione della corrente di Magistratura Indipendente, pare l’abbia spuntata sui concorrenti per la poltrona lasciata libera da Franco Roberti, spedito al vertice della Dna la scorsa estate dopo il rituale maxi-accordo tra i partiti politici e i «capi» delle toghe per sostituire Piero Grasso

Lembo CorradoIl Csm pare abbia chiuso il cerchio, l’indiscrezione è filtrata qualche ora fa anche se la conferma ufficiale ancora non c’è: del resto, si sa, il giochetto delle nomine assume contorni parossistici, tali da far impallidire le più sperimentate trattative nel mondo della politica. Se non hai sponsor adeguati, al di là del merito e dei titoli, non vai da nessuna parte: Lembo, originario della provincia di Salerno, notoriamente capace ed attrezzato, sembra incarnare il punto di sintesi delle esigenze «lottizzatorie» sullo scacchiere nazionale. Tanti ne toccano ad Md (Magistratura Democratica), tanti a Unicost, tanti ad Area e tanti a Mi. Lembo prenderebbe così il posto di Franco Roberti spuntandola sull’attuale procuratore capo facente funzioni, Umberto Zampoli, sul procuratore aggiunto, Enrico D’Auria, sull’ex membro togato del Csm ed oggi sostituto procuratore nazionale antimafia, il salernitano Leonida Primicerio (che, raccontano i bene informati, non pare abbia accolto la notizia con applausi), sul procuratore capo di Pisa Ugo Adinolfi (dato per favorito fino all’ultimo), sull’esperto di «pentiti» Gianfranco Donadio e sull’ex procuratore capo di Vallo della Lucania Alfredo Greco. Su quest’ultimo vanno spese due paroline: nell’indifferenza generale, è stato letteralmente «derubato» del posto di capo a Nocera Inferiore, nonostante il Consiglio di Stato abbia scritto una sentenza che imponeva al Csm l’attribuzione dell’incarico in suo favore. Abbandonata l’idea (in un certo senso) Greco ha deciso di correre anche per la «sua» Salerno: inutile dire quante mine ha trovato sul cammino, con procedimenti disciplinari tra i più disparati e comminazione di ridicole sanzioni specifiche previste dal quaderno liturgico della magistratura. Dove le relative guerre intestine funzionano pressappoco così: voglio fare in modo che tu non vada a coprire un posto, magari anche per ragioni nobilissime? Bene, basta un tizio qualsiasi che ti accusi di qualcosa, anche per stupidaggini colossali come il non aver indagato -ad esempio- su un pergolato in lamiera nel terreno di uno sconosciuto contadino e la frittata è fatta. Non c’è molto da aggiungere.Quando la proposta di Lembo arriverà al plenum dell’aula dopo esser passata dalla Commissione incarichi direttivi del Csm (come nel Conclave si decide e si tratta prima, salvo gli incagli vari ed eventuali), si vedrà se la «soffiata» romana abbia sostanza o meno. 

Per chi non lo sapesse – e veniamo alla seconda «notizia»-, a Salerno si celebra un processo sorto sulla base delle innumerevoli denunce presentate qualche anno fa dall’ex pm De Magistris, miracolato sindaco di Napoli. La procura di Salerno (pm titolari, Maria Chiara Minerva e Rocco Alfano) sta in pratica cercando di dimostrare che ci fu un complotto per scippare dalla mani di De Magistris le «delicate indagini» che l’allora pm stava conducendo in Calabria, quelle stesse di cui il 95% della stampa tesseva le lodi creando l’ennesimo mito dell’ennesimo giustiziere costretto a sacrificarsi per salvare il mondo (la lista è lunga, dopo Ingroia l’attualità prevede il pm di Palermo, Nino Di Matteo) su tutti la mitica “Why Not”: come sia andata a finire è cosa nota, forse a Salerno certe notizie non sono ancora arrivate. Come ad esempio una recentissima pronuncia della Cassazione che ribalta addirittura i ruoli: e spiega chi fu a compiere reati e chi no, semplificando. Il problema, ora, qual è? Eccolo: può un teste, tra l’altro neppure uno minore ma il più importante di tutti (parliamo dell’amministratrice dell’ex società “Why Not” Caterina Merante (foto sotto a sinistra) la principale accusatrice utilizzata all’epoca da De Magistris, finita a sua volta in rovina, con grane giudiziarie da cui difficilmente si tirerà fuori a breve) non presentarsi in aula per cinque volte consecutive? Assolutamente no, già alla terza non ti mandano i carabinieri per il famoso accompagnamento coatto bensì l’esercito con i carri armati. Ed è giusto che sia così.

Merante-C.-why-not 4

Evidentemente i problemi alla cartilagine del ginocchio della Merante superano qualunque ostacolo e, pertanto, la fondamentale teste di questo «stravagante» processo contro i complottisti anti De Magistris (l’imprenditore lametino Tonino Saladino, l’ex parlamentare di Fi Giancarlo Pittelli, l’ex procuratore aggiunto di Catanzaro Salvatore Murone, l’ex avvocato dello stato e procuratore generale di Catanzaro Dolcino Favi) può godere di libertà sconosciute al resto degli umani.

Si narra di tuoni, fulmini e saette all’interno delle aule giudiziari per molto meno: la tolleranza del presidente della II sezione penale, il giudice De Luca, pare che stavolta sia finita e dopodomani Caterina Merante dovrebbe comparire in aula a Salerno. Intanto per cinque-volte-cinque è stato possibile rinviare la sua deposizione. Il che non è privilegio per tanti. Se si avvarrà della facoltà di non rispondere – in quanto imputata in procedimento connesso in Calabria- ci sarà da ridere: dopo tonnellate di verbali in un’indagine dove solo il Papa era stato momentaneamente risparmiato, nulla più da dire?  

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano” del 19 gennaio 2014)

 

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