ARCHIVIOL’ex pm De Magistris ora indaga sulla cacca di cane

admin10/01/2014
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De Magistris Luigi segno ok

Se il napoletano è notoriamente creativo, seppur con risultati alterni, cosa sarà il suo sindaco? E cosa mai riuscirà a concepire un primo cittadino se è addirittura «primus» ma poco «inter pares» come un certo De Magistris Luigi da Posillipo, ex pm dalla schiena dritta che non guardava in faccia a nessuno? Come minimo ti inventa gli «007 della cacca», figure para mitologiche sguinzagliate per la città a caccia del colpevole che ha abbandonato sul marciapiede l’inconfondibile lascito del proprio cane. Si perdoni il cedimento coprolalico ma è la particolarità della storia, l’ennesima, che arriva da Napoli a imporre ricorrenti parole così scarsamente invitanti come feci, escrementi, deiezioni, cacca e qui ci fermiamo. 

 

 

Al grido di “Si fa presto a chiamarla fortuna”, stamattina l’amministrazione presenterà il progetto al quale lavorava dal 2012, in una tavola rotonda ad hoc. Lo slogan è simpatico (l’unico neo che De Magistris non sembra avere è la comunicazione) e rende bene l’idea di un cittadino che poco si consola con la vulgata secondo cui pestare cacca di cane porti fortuna: in genere sono bestemmie a catinelle, ma questa è un’altra storia. Quella che al contrario attrae di più deriva dal progetto nato dall’intesa tra IV municipalità, comune, Istituto zooprofilattico e Asl: i cani dei residenti vanno tutti dotati di un chip -e fin qui nulla di strano- al fine di redigere l’anagrafe canina che consenta di risalire, ove ce ne fosse necessità, al proprietario. E pure qui tutto è normale. Dove, però, le cose non tornano o, meglio, rischiano di dividersi tra il tragico e l’esilarante, è quando si pensa di avviare una campagna di raccolta feci per estrarre il dna dell’animale dal lascito al libero e pubblico calpestio. Oggi spiegheranno come funzionerà – e soprattutto se e quanto costerà- ma qualcosa la si può immaginare: par di capire che per la città di Napoli, non proprio un paesino di 800 anime, gireranno nuclei ad hoc per raccogliere gli stranoti regalini. Cosa faranno? Raccoglieranno, conserveranno, analizzeranno e stoccheranno? Entro quali limiti? Saranno dotati nel frattempo di maschere antigas? O, forse, saranno prima istruiti con appositi corsi di formazione che diano respiro alle statistiche sulla disoccupazione? Sarà tutto personale già specializzato o si ricorrerà ai volontari?   Esistono in natura, oltre a coprofili e coprofagi, volontari di questo tipo? 

Dopodiché, raccontano, si passerà all’estrazione del Dna della belva ricavandolo dalle inclite cacche, per incrociarlo con quello già nella disponibilità del patrimonio informativo grazie all’innesto di microchip (non è che a Napoli hanno inteso male il leit-motiv di certi grillini?) sul cane. Se i codici genetici corrispondono, allora è fatta: non scatterà un vero e proprio ordine di custodia cautelare ma quasi, certi riflessi del resto rischiano di essere condizionati anche quando la toga non la si indossa più. In ogni caso si individuerà il padrone (si può ancora dire padrone o gli animalisti ci denunciano?) al quale sarà comminata una profumata -è il caso di dire- contravvenzione. Tutto bello, tutto così corretto, civile, sembra di essere a Copenaghen: dove pare che le multe continuino a pagarle. A Napoli sembra si vada in altra direzione. Ergo, rischio ennesima perdita di tempo. 

Sul caso è intervenuto il capogruppo di Fli Andrea Santoro, titolare del copyright di “007 della cacca”. «Trovo a dir poco singolare che il Comune investa tempo ed energie a dibattere del Dna delle feci dei cani. Il problema di molti marciapiedi impraticabili esiste ma la soluzione di De Magistris è quella più laboriosa e fantascientifica: censire il Dna di tutti i cani di Napoli e poi sguinzagliare sul territorio raccoglitori di escrementi che li analizzino al fine di risalire al cane e quindi al proprietario. Ma ve li immaginate questi 007 della cacca che fanno questo tipo di analisi?».

Noi, che pure ci stupiamo che un pm bergamasco stia dissanguando le casse dello stato mappando  il Dna di mezza Italia per risalire all’assassino di Yara Gambirasio, non riusciamo proprio ad immaginarla la nuova Polizia giudiziaria di De Magistris. Eppur si muove.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 10 gennaio 2014)

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