Il pubblico impiego italiano si arricchisce, ove mai ci fosse ancora qualcuno disposto a considerarlo povero di dipendenti. Evidentemente c’è. Sono 1.362 i lavoratori in procinto d’esser caricati sulle spalle di tutti: si tratta degli «esuberi» dei consorzi di bacino per i rifiuti della Campania (ora unico) gli stessi le cui immagini ritraenti accalorate partite a carte in orario di lavoro hanno fatto spesso il giro del mondo nel mezzo delle cicliche emergenze da spazzatura.
Che il non far nulla e venir pagati comunque non dipendesse da loro, ma da chi ha ingozzato di gente di tutti i tipi società miste e consorzi vari, conta poco adesso: conta invece il fatto che questa massa di persone sarà in carico agli enti locali della Campania per disposizione di legge. Regionale, pubblicata lunedì scorso sul bollettino ufficiale (Burc) e di cui ha dato notizia ieri l’edizione cittadina del Mattino. Saranno, in un certo senso, assunzioni coatte e con diverse prescrizioni quelle che i comuni digeriranno per assorbire i 1.362 lavoratori, che figurano nei ruoli ma che da anni non fanno un tubo portando a casa uno stipendio che, al lordo, ammonta ad oltre 30mila euro l’anno. Lavoro invidiabile, si direbbe da un lato, tampone alle emergenze sociali per ragioni di ordine pubblico dall’altro: mezze verità entrambe e, contemporaneamente, tutte e due difficili da comprendere. Il bello è ciò che la legge sulla riorganizzazione del ciclo contempla nel loro caso: in pratica questi lavoratori dovranno essere assunti dai comuni per «i compiti di vigilanza ambientale, di prevenzione del fenomeno di abbandono incontrollato dei rifiuti, di controllo della qualità del servizio e di gestione degli impianti a supporto del ciclo».
Ridere non si può trattandosi di un guaio serio, ma la tentazione è forte. Spesa complessiva per le mille e rotte unità, circa 35 milioni di euro l’anno, una somma non tanto piccola alla luce dei bilanci pubblici in generale: in più, secondo le disposizioni normative, sarà d’obbligo il contratto nazionale di categoria (Federambiente), con 14 mensilità e tutto il resto. Meglio di così. Da Roma (leggi Palazzo Chigi) dovrebbero giungere circa 32 milioni per la riqualificazione del personale, anni trascorsi a giocare a scopa o tressette evidentemente influenzano le capacità lavorative di ognuno. All’inizio pare si parlasse di 48 milioni da trasferire ma al termine di serrate riunioni tra le parti, sindacati compresi, ci si è accordati per i 32: così come una norma ad hoc da inserire sottovoce nel decreto sulla così detta “Terra dei fuochi” pure era stata prevista ma alla fine non s’è concluso niente. Un emendamento di un paio di deputati vendoliani (Scotto e Manfredi) ha fatto sì che i lavoratori delle società miste regionali fossero inseriti tra i soggetti attuatori delle bonifiche del territorio e, pertanto, questi saranno pagati con i soldi del Fondo di coesione nazionale o con quelli del Piano d’azione, sempre attraverso la Regione: tutte sigle e nomignoli per distinguere le partite contabili, nella sostanza si tratta di danaro pubblico estratto dalla tasche di tutti. Al contrario, quelli direttamente legati ai consorzi di bacino raddoppieranno il proprio peso concentrandosi solo (per ora) sulle tasche dei campani grazie a una tassa sui rifiuti più succosa che mai.
La legge prevede anche penalità per i comuni che assumeranno. All’art.13, comma 4 è specificato: «È condizione per la concessione di contributi o di finanziamenti regionali per il ciclo di gestione dei rifiuti, a qualunque titolo anche a valere sui fondi strutturali, l’assegnazione e il trasferimento agli affidatari o ai gestori del servizio integrato o delle singole fasi di cui esso si compone, del personale dipendente dal Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta».
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 30 gennaio 2014)