ARCHIVIOLa procura di Napoli vuole processare il capo della Polizia

admin18/12/2013
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Pansa Alessandro Polizia

Secondo la procura di Napoli l’attuale capo della Polizia, l’ebolitano Alessandro Pansa (foto) deve essere processato. L’accusa è di traffico illecito di rifiuti, segnatamente di percolato, cioè di quel liquido rilasciato dall’immondizia che dovrebbe esser depurato prima dello smaltimento finale: laddove esista la possibilità di farlo, s’intende.

 


Secondo due pm, Ida Teresi (lo stesso magistrato che ebbe uno «scontro» con la procura di Roma in relazione ad una simultanea indagine su Luigi Bisignani, finita nel nulla) e Pasquale Ucci, il capo della Polizia italiana avrebbe compiuto il reato nella sua veste di commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, incarico che dovette adempiere su richiesta del governo Berlusconi circa 6 anni fa, al termine di una falcidia giudiziaria che aveva eliminato diversi suoi predecessori. Accanto al primo poliziotto italiano infatti figurano come potenziali imputati altre 39 persone, tra cui Antonio Bassolino, Corrado Catenacci, Guido Bertolaso e l’ex braccio destro di quest’ultimo Marta Di Gennaro. Tutti già «attinti» da inchieste analoghe, sempre della procura partenopea e, a seconda dei casi, assolti, prescritti o ancora con processi, faldoni e avvocati sul groppone. 

Pansa, in pratica, non avrebbe impedito che il percolato venisse lavorato nei depuratori della Campania, considerati non idonei al trattamento di quel tipo di liquidi: non gli è stata contestata -almeno non ora- l’associazione a delinquere, fattispecie invece imputata a 30 degli indagati comprese 10 società. Fu la stessa procura a chiedere il proscioglimento di Pansa in relazione a quest’ultima gravissima ipotesi, specie per una figura pubblica qual è il prefetto. Al contrario per Bassolino, Catenacci e il resto, i due pm sostengono che siano stati «funzionali a creare un’apparente situazione di legittimità per lo smaltimento del percolato, continuando a richiedere e ad assicurarsi che proseguisse senza interruzioni la predetta attività di illecito smaltimento e omettendo ogni dovere di controllo e conseguente intervento sulla gestione degli impianti di depurazione che ricevevano il percolato».

Se le parole hanno un senso, par di capire che per la procura di Napoli il percolato avrebbe dovuto rimanere in discarica o nei Cdr dal momento che la costruzione di impianti adeguati (visto che gli altri erano considerati obsoleti, ma qui è questione di relazioni tecniche delle parti) al trattamento speciale è stata -ed è- impedita da una miriade di ragioni ben note: a partire dall’epidemia di «comitatismo ambientalista» che affligge la Campania -insieme a molto altro- da almeno un ventennio. Ma tant’è.

Quest’indagine nasce da un secondo filone generato dall’inchiesta-madre (ovviamente fallita) sui rifiuti che solo poche settimane fa ha fatto registrare la prevedibile assoluzione per Bassolino ed altri. Nel primo filone con -più o meno- gli stessi protagonisti e per mano della medesima procura, fu sufficiente cambiare i codici delle famose eco-balle dei rifiuti per far cessare ogni pretesa giudiziaria: con un numero erano inquinanti, con un altro cessavano di esserlo. Intanto diverse persone erano finite in cella. Sembra che così funzioni.
La data dell’udienza preliminare non è ancora stata fissata. Il difensore di Pansa, l’avvocato Dinacci, fa sapere che il prefetto «chiarirà presto ogni cosa».

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 18 dicembre 2013)

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