Ad eccezione della confessione col prete, sembra non sia rimasto molto altro che possa sfuggire all’occhio di un sostituto procuratore della repubblica. Almeno finora, domani chissà.
Lo testimonia l’avviso di conclusione delle indagini che la procura di Salerno ha notificato qualche giorno fa ad un frate francescano di Cava de’ Tirreni, la così detta “Svizzera del sud”, a pochi chilometri dal capoluogo. Ne ha scritto il Corriere del Mezzogiorno.
Si tratta di fra’ Gigino Petrone, personaggio pirotecnico da tempo legato alla comunità dei parrocchiani, conosciutissimo nel circondario, protagonista di memorabili litigate con il sindaco ed altri personaggi di rilievo delle istituzioni. Tutto per «colpa» della statua di un Bambin Gesù, meglio detta «Bambinello» (nella foto, web) che avrebbe iniziato a lacrimare sangue al rientro da un pellegrinaggio a Gerusalemme risalente al 2010, dov’era stata portata per esser benedetta direttamente in Terra Santa.
Inutile dire che la notizia di una statua, per giunta raffigurante un Gesù bambino sanguinolento, si diffuse in un batter d’occhio e che a migliaia le persone accorsero spinte dalle tantissime ragioni che normalmente governano casi analoghi. Ci si creda o meno, è così. Nel bene e nel male.
Per la procura di Salerno invece sarebbe solo «nel male» nel senso che il monacello avrebbe abusato della credulità popolare (c’è un reato specifico nel nostro codice penale) organizzando chissà cosa. Fra Gigino sosteneva che la notte precedente la scoperta del sangue sul volto della statua, fece un brutto sogno, con il Bambinello che urlava e soffriva per soffocamento. L’indomani successe il fatto e si gridò al miracolo. Diversamente un fedele non potrebbe fare, al netto dei prudentissimi passi a caccia di riscontri che la Chiesa di Roma sta tuttora compiendo: come sempre si verifica in queste storie. Per la giustizia, quella terrena almeno, al momento siamo ancora nel campo del diritto penale. Si vedrà.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 2 novembre 2013)