ARCHIVIOIl Csm non perdona Paolo Mancuso: censurata la toga rossa che chiedeva aiuto al generale Mori

admin07/11/2013
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Mancuso Paolo

Le nomine ai vertici degli uffici giudiziari sono il frutto di alchimie politiche che si consumano tra le correnti della magistratura. Da sempre. Differenze con il mondo politico non ce ne sono: ci si accapiglia, ci si allea, ci si tradisce, si pressano gli elettori, si spartiscono poltrone ed incarichi. In un certo senso sarebbe anche «normale».  Ecco perché desta un moto di istintiva ilarità la notizia della condanna del procuratore capo di Nola, Paolo Mancuso (foto) comminatagli dalla Sezione disciplinare del Csm per alcune telefonate «elettorali» al tempo della scelta del capo della procura di Napoli.

Mancuso è stato colpito dalla sanzione della «censura», un atto fondamentalmente privo di conseguenze vere, certo fastidioso per chi lo riceve, non perché abbia effetti immediati nelle relazioni tra l’ufficio e i cittadini (l’unica cosa che conta), ma perché al momento opportuno ci sarà chi la tirerà fuori per regolare altri conti. 

Succede ora che Mancuso sia finito alcuni mesi fa dentro intercettazioni della procura di Palermo mentre parlava con il generale Mori e il capitano De Donno (indagati ed assolti più volte nell’ambito delle patafisiche trattative stato/mafia, mancate catture di boss e roba «ingroiana» varia) chiedendo l’intercessione presso Maurizio Gasparri affinché questi, a sua volta, premesse sui laici del Pdl nel Csm per far convergere i voti sul suo nome. In pratica faceva ciò che fanno tutti: solo che non si può dire. 
La cosa singolare è che Mancuso, magistrato di qualità ed esperienza già finito una volta nel tritacarne per incaute battute di caccia nel fondo di un presunto camorrista (ma la faccenda si chiuse positivamente) incarna la classica «toga rossa», nel senso che la sua appartenenza alla corrente di Magistratura Democratica è notizia antica.  Ma il voto è un po’ come la pecunia, «non olet» specie in campagna elettorale, pur di sinistra (lui) i voti di destra andavano benissimo lo stesso, la democrazia è anche questo. Tranne, forse, che per la corrente di Area (cartello ultra sinistroide dell’Anm, composto da Md e Verdi) che si mise subito nella scia palermitana: appena lette le intercettazioni girò immediatamente il carro abbandonando Mancuso. Concorrenti erano altri magistrati di non minor peso, come Corrado Lembo e Giovanni Colangelo, risultato vincitore quasi all’unanimità incassando così i voti di Area. Adesso è ufficiale, Mancuso è formalmente censurato, perché scoperto a parlare con gli appestati Mori e De Donno: sembra quasi che l’ordine di mollarlo l’abbia impartito Travaglio

Un fatto ben più grave si verificò per l’analoga corsa nella vicina procura di Nocera Inferiore, ma nessuno fiatò: Gianfranco Izzo, ottimo magistrato proveniente da Cassino, risultò sponsorizzato dalla fantomatica “P3”, stando all’ordinanza dei pm di Roma. Uno degli arrestati, Pasqualino Lombardi, fu infatti intercettato con Celestina Tinelli, ex laica del Csm in quota Pd, mentre discuteva proprio della poltrona da assegnare ad Izzo. Quel posto l’aveva «vinto» un altro, l’ex capo di Vallo della Lucania, Alfredo Greco, uomo non più di corrente da anni. All’improvviso venne fatto fuori e fu messo Izzo: qualcuno al Csm ha censurato? Non risulta.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 7 novembre 2013)

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