ARCHIVIOIl cliente è in galera, sfila in tv in manette ma l’avvocato non ha l’ordinanza per assisterlo

admin18/11/2013
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Blitz VAsi comunicanti

Il 5 novembre hanno arrestato un suo vecchio cliente ma l’avvocato si è visto costretto a denunciare un po’ di «autorità». Motivo: l’ordinanza di custodia cautelare non l’ha ricevuta nei tempi e nei modi previsti dalla legge. Anzi, fino al giorno dell’interrogatorio dinanzi al gip, di quel documento formale non c’era proprio traccia, non era mai pronto e quando lo è stato l’ufficio Gip aveva già chiuso. Morale della favola, non era possibile assistere il detenuto perché le carte all’avvocato non erano state date.

 

La qual cosa rappresenta un problema, un gran problema, forse uno dei più seri in quanto attiene ad un principio violato il quale tutto crolla: il diritto di difesa, di chiunque e per qualunque delitto sia stato commesso. In pratica, parliamo dell’Abc del diritto. Non solo: ma mentre l’avvocato ed i suoi collaboratori compulsavano l’ufficio Gip del tribunale di Salerno per estrarre copia dell’ordinanza (se non leggo le carte come posso difenderti?) il cliente veniva -nell’ordine- offerto in conferenza stampa a flash, taccuini e telecamere come il vertice di una ramificata associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti; fatto sfilare con le manette ai polsi in tv e su decine di siti internet (vedi foto in alto, scaricata dal web); ai giornalisti presenti veniva infine consegnato il file dell’ordinanza per il lavoro del giorno dopo. Le accuse erano -tecnicamente- di dominio pubblico tranne che per l’arrestato e per il suo difensore. Non esattamente una questione marginale.

E così l’avvocato Michele Capano alla fine manda al diavolo mediazioni e giochi di fioretto e, presa carta e penna, denuncia tutto alla Procura generale della Corte di cassazione, al ministero della Giustizia, al presidente della Commissione speciale per i diritti umani presso il Senato oltre che alle autorità locali coinvolte.

Il blitz è quello del 5 novembre, durante il quale la Dda ha fermato 42 persone tra Salerno, Eboli e la Valle dell’Irno con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Il pm titolare delle indagini è Vincenzo Montemurro, figura che non ha bisogno di presentazioni considerato un certo grado di visibilità di recenti inchieste (gli esiti, poi, sono un altro discorso); il gip che ha firmato le richieste è Renata Sessa; il procuratore capo è l’attuale facente funzioni Umberto Zampoli; il presidente della sezione gip interessato è Bruno De Filippis.

Per scardinare questa potente macchina da guerra della droga sono stati impegnati 240 carabinieri, unità cinofile, elicotteri, dunque fior di quattrini per straordinari, indennità di rischio, lavoro notturno, mezzi di trasporto, carburanti, manutenzione delle armi, etc. Eppure non erano affiliati ai Los Zetas messicani quelli da prendere e assicurare alla giustizia. Parliamo dell’operazione “Vasi comunicanti”, 700 pagine di ordinanza cautelare in danno di delinquenza spicciola, in maggior parte tossicomani, un malloppone cartaceo zeppo di intercettazioni telefoniche ed ambientali (e solo questo c’era dentro, di riscontri materiali, quantitativi di droga ed altro si legge pochissimo) in cui si parla di somme di danaro che vanno dai 50 euro ai 300, al massimo ai 1000 per carico, e dove soltanto in un paio di casi si potevano ravvisare profili criminali di peso «discreto»: ma solo per ciò che attiene la parte relativa alla Piana del Sele ed Eboli, dove pure incredibilmente, pur tracciandolo tra le conversazioni, gli inquirenti non hanno individuato uno dei capi perché «non siamo riusciti ad identificare a chi appartenesse questo numero telefonico». Cose che capitano.

Il blitz riguardava, poi, fatti compresi tra il novembre 2010 ed il marzo 2011: ere geologiche per chi vive il crimine o la tossicodipendenza o tutte e due le cose. Infatti il cliente dell’avvocato Capano (si chiama Luca Delfino, di Salerno) era un «semplice» tossicomane: sembra che da un po’ stesse bene, avesse cambiato vita, gli era nato un figlio e quel giro l’aveva abbandonato da un pezzo. In cambio si è visto ammanettare di nuovo per cose vecchie e forse dimenticate, in casa gli hanno trovato una canna d’hashish mezzo fumata e nient’altro. Nel quartiere in cui abita, la notte del blitz erano tutti convinti che i carabinieri fossero arrivati per sequestrare i botti di Natale: invece era per cose captate al telefono tre anni prima. Se fosse ancora invischiato in storiacce la sostanza del problema cambierebbe di poco.

Capano parla di «uso mediatico» della funzione inquirente, entrando in medias res del vero male d’Italia. Un particolare interessante: l’avvocato ottiene uno slittamento dell’interrogatorio di garanzia per Delfino e quando alla fine si presenta in carcere chi trova? Il pm Montemurro, seduto accanto al gip Sessa, circostanza non certo rituale all’interno della «fenomenologia» delle operazioni giudiziarie di un certo tipo. Comprensibile, forse, la curiosità dei magistrati dinanzi a tanta irriverenza forense.

Della vicenda si occuperà la Camera Penale di Salerno in una riunione ad hoc già fissata per il 26 novembre prossimo.

Michele Capano aveva pure convocato una conferenza stampa la scorsa settimana per rendere pubblica quella che oggettivamente è una brutta pagina del diritto e della «giustizia» locale (e non solo). Inutile dire quanto seguito abbia avuto.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Cronache del Salernitano” del 18 novembre 2013)

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