Sembra che Napoli l’abbia scampata bella stavolta, almeno stando a quanto dice uno statunitense che di certe cose ne capisce: parliamo di John Inglis, vice capo della Nsa, l’agenzia per la sicurezza nazionale creata da George W. Bush per contrastare la follia islamista unificando in un solo organismo le altre sigle, a partire dalla stessa Cia.
Secondo l’autorevole esperto, che ha ricevuto una delegazione del nostro Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica) la città era finita nel mirino di un gruppo terrorista, pronto al rituale attentato sanguinario, uno di quelli sperimentati ogni giorno in mille angoli del mondo, da farsi logicamente in un luogo affollato: si sospetta la stessa stazione centrale, la Garibaldi, satura di gente 24 ore su 24 oppure una delle moschee che vi gravitano attorno.
Se gli uomini della Digos italiana, informati dagli uffici di Inglis, non fossero piombati tre anni fa su Ryhad Hannouni, 32enne di origini maghrebine cresciuto in Francia, a quest’ora avremmo potuto raccontare altro: morti, mutilazioni, dolori, famiglie devastate, gente squartata, ciò che raccontano ogni giorno gli israeliani, per intenderci. Hannouni è stato intercettato in tempo grazie ad un lavoro dei servizi di intelligence incessante, certosino: lo agguantarono in pieno centro a Napoli, dopo un sopralluogo in una moschea e dalle perquisizioni emersero i tratti standard del jihadista moderno. Hannouni aveva in tasca un bigliettino con la formula chimica per il confezionamento di un ordigno esplosivo. Una bomba che, secondo Inglis, sarebbe esplosa proprio nel cuore di Napoli: a conferma del fatto che il continuare a considerare la capitale del Mezzogiorno esente dal rischio diretto in quanto semplice, seppur affollato, centro di passaggio e coordinamento delle diverse cellule islamiste s’è rivelata la solita fandonia buonista. Napoli è pur sempre «Occidente» e come tale, nella perversione militante degli jihadisti, rimane.
«Sappiate che grazie al lavoro che facciamo» -ha aggiunto Inglis- «abbiamo sventato 54 attentati terroristici, tra cui quello di Napoli». Hannouni, con esperienze dirette anche nelle «madrasse militari» di Pakistan ed Afghanistan e con Al Qaida, inseguito da un mandato d’arresto europeo venne consegnato alla Francia dalla Digos dopo l’arresto del settembre 2010. Era Napoli l’obiettivo, ne è certo l’americano, che aggiunge il dato secondo il quale il materiale sequestrato al franco-algerino fosse simile a quello usato da Mohamed Game, il marocchino che tentò di farsi esplodere nel 2009 davanti alla caserma Santa Barbara di Milano.
L’unica speranza ora, è che nessun procuratore della repubblica metta sotto inchiesta John Inglis perché magari non informò prima l’autorità giudiziaria e poi anche i servizi segreti. In Italia queste cose sono successe e nulla esclude che possano capitare di nuovo.
Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 25 ottobre 2013)