ARCHIVIOGiornalista 80enne e malato sbattuto in cella: i giudici se ne infischiano della Corte Europea

admin08/10/2013
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Gangemi Francesco

Chi scrive ha da poco incrociato in strada un vecchio «compagno di scuola» delle elementari. Si tratta di un ex killer della camorra, reo confesso di almeno otto omicidi, alcuni dei quali particolarmente efferati. Succedeva anni fa, non tanti, solo che l’ex compagno di scuola il carcere l’ha conosciuto poco, pochissimo. Anzi, diciamo per niente rispetto agli orrori commessi.

 

Lui si è pentito dopo le manette, ha vissuto a spese di tutti e quando è stato possibile è tornato addirittura nella sua città natale. Come se nulla fosse successo. Non è l’unico.

Ripensando a queste stravaganze tutte italiane, colpisce ancor di più la notizia del carcere a Francesco Gangemi (foto) giornalista di Reggio Calabria arrestato sabato sera. Il «pericolosissimo giornalista», come l’ha definito il figlio Maurizio nel darne notizia sul suo portale on line Il Reggino, è stato prelevato a casa da «imbarazzati agenti» della Squadra Mobile su disposizione della procura generale di Catania. Dovrà scontare due anni per otto condanne definitive per diffamazione a mezzo stampa, in qualità di autore e/o di direttore del periodico Il Dibattito, ed una per falsa testimonianza, commessa in qualità di consigliere comunale della Dc nei primi anni ‘90. Fu anche sindaco per alcuni mesi quando la mannaia giudiziaria decapitò l’amministrazione nella famosa inchiesta «delle fioriere».

Gangemi, però, è un pubblicista di 79 anni, tra l’altro in pessime condizioni di salute: invalido al 100% ma senza diritto all’assegno di accompagnamento (una ragione ci sarà anche per questo), con diverse patologie cardiovascolari e, soprattutto, con un tumore alla prostata che gli avrebbe già divorato ghiandola e parte dello stomaco. Insomma, non proprio la condizione ideale per stare in galera (sempre che, mentre Libero va in stampa, non sia stato scarcerato).

La sua figura è piuttosto controversa, per via di feroci campagne stampa, descritte da chi lo conosce come non sempre scevre da misteri: la qual cosa non sposta di una virgola il problema della palese abnormità della reclusione di un 80enne, malato grave, e per reati da ridere rispetto al citato compagno di scuola di cui sopra. I magistrati sostengono che «il condannato ha omesso di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti»: è l’Italia delle carte che devono stare a posto, se la realtà è diversa poco importa, l’autonomia sparisce. Anche De Magistris, ai tempi delle scorribande calabresi, lo infilò in una delle sue mirabolanti indagini: Gangemi fu considerato al centro di una macchinazione diabolica volta a destabilizzare l’esercizio dell’attività giurisdizionale, depistando con i soliti massoni e servizi deviati. Inutile dire come finì. Ma il direttore del Dibattito continuò a colpire -secondo alcuni malissimo- con inchieste e articoli pesanti. Fino all’epilogo, penoso, di sabato. Commenti ed indignazioni successive al fattaccio si contano sulle dita di poche mani: e sempre ex post. Tutti invocano la revisione della legge italiana che, caso unico, contempla il carcere per questi casi. Solita storia.

Intanto, piccoli segnali arrivano: come nella vicenda del direttore di Libero Belpietro (condannato  al carcere per omesso controllo su un articolo scritto da altri, assurdità nell’assurdità) la Cedu ha riconosciuto l’abnormità della misura intimando all’Italia di risarcire il danno morale in suo favore, invitando altresì il nostro paese a modificare la legge. Accadrà mai? Chi può dirlo. I casi Iannuzzi, Sallusti, Marcenaro e Mulè, ma pure quello dell’ex direttore della Gazzetta di Caserta Gianluigi Guarino -che la galera l’ha fatta per davvero- o di altri giornalisti sparpagliati in giro, sono lì a testimoniare il lungo cammino da percorrere.

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” dell’8 ottobre 2013)

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