Arriva in Italia il primo farmaco biologico per il trattamento del tumore ovarico in stadio avanzato, che promette di prolungare la sopravvivenza delle pazienti. Nel nostro Paese ogni anno 4.900 donne si ammalano di questa forma di cancro aggressiva, un nemico subdolo e silenzioso che nel 75-80% dei casi si fa sentire quando la malattia si e’ gia’ estesa oltre l’ovaio. Intervento chirurgico e chemioterapia spesso danno buoni risultati nell’immediato, ma non a lungo termine: per 7-8 donne su 10, infatti, il male si ripresenta entro 2 anni.
Una speranza per le pazienti arriva ora dal bevacizumab (Avastin*): dopo essere stato approvato in Europa per questa nuova indicazione, il farmaco e’ ora in arrivo in Italia. Bevacizumab – spiegano gli esperti oggi a Milano, durante un incontro promosso da Roche – rallenta e a volte arresta la progressione del tumore ovarico, impedendogli di ingrandirsi e di ramificarsi e scongiurando dunque le recidive.
“Nella prima linea di terapia prolunga sopravvivenza senza progressione di malattia”, riferisce Sandro Pignata, direttore Uoc Oncologia medica, Dipartimento Uro-ginecologico, Istituto tumori di Napoli. Il farmaco, ricorda, agisce “bloccando il processo di sviluppo dei vasi sanguigni di cui il tumore ha bisogno per proliferare e diffondersi in altre regioni del corpo”.
Il bevacizumab, approvato nella nuova indicazione dall’Agenzia italiana del farmaco a maggio di quest’anno, “dovrebbe essere disponibile da dicembre come farmaco di prima linea per il trattamento del tumore ovarico allo stadio avanzato”, afferma Nicoletta Colombo, direttore dell’Unita’ di Ginecologia oncologica medica all’Istituto europeo di oncologia (Ieo). L’efficacia del farmaco biologico, gia’ in uso per altri tipi di tumore (colon-retto, rene, seno e polmone), e’ gia’ stata testata su “1 milione e 400 mila pazienti, in oltre 1.500 trial clinici, su 71 forme diverse di tumore”, sottolinea l’amministratore delegato della svizzera Roche in Italia Maurizio de Cicco.
“Fino a oggi il trattamento di questo tumore ginecologico particolarmente aggressivo e’ stato limitato a chirurgia e chemioterapia e, a differenza della maggior parte degli altri tipi di tumore, non era disponibile alcun farmaco biologico per il trattamento del tumore ovarico. – continua Sandro Pignata, Direttore UOC Oncologia Medica, Dipartimento Uro-Ginecologico, Istituto Tumori di Napoli – Purtroppo la diagnosi precoce continua a rappresentare un vero e proprio ostacolo, perche’ il tumore spesso non da’ sintomi evidenti fino alle fasi avanzate. L’eta’ media di comparsa del tumore ovarico e’ intorno ai 60 anni e circa il 5-10% dei casi hanno un andamento ereditario, legato alle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. Nonostante l’efficacia della chemioterapia, il tumore si ripresenta in circa il 70 – 80% dei casi nei primi due anni”.
La nuova terapia contrasta la recidiva e prolunga la sopravvivenza senza progressione di malattia. Bevacizumab e’ un anticorpo che lega e blocca in modo specifico la proteina VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare) che ha un ruolo chiave nell’angiogenesi, cioe’ il processo di sviluppo dei vasi sanguigni di cui il tumore ha bisogno per proliferare e diffondersi in altre regioni del corpo. “Si tratta della quinta forma di tumore, dopo colon-retto, mammella, polmone e rene, per cui bevacizumab, capostipite dei farmaci antiangiogenesi, ottiene l’approvazione in Europa. -dichiara Maurizio de Cicco, Amministratore Delegato Roche S.p.A. – A livello mondiale, 1milione e 400mila pazienti sono stati trattati con bevacizumab, con oltre 1.500 trial clinici in 71 forme diverse di tumore. Questa nuova indicazione conferma le potenzialita’ di un farmaco di cui non si arresta lo sviluppo clinico e che sta registrando importanti risultati anche in un’altra patologia ginecologica oncologica”.